martedì 12 febbraio 2013

Dissolvere la sofferenza


"Scusa ma ho un po di confusione, allora noi creiamo cio che e' fuori di noi, quindi qualcosa che ci produce sofferenza, per poter stare con quella sensazione di dolore. A me pero' capita che vado a letto la sera serena e mi sveglio la mattina che sto malissimo e se cerco delle ragioni non le trovo, anche se poi a quel punto tutto intorno a me, rapporti, situazioni ne sono influenzati... persino il tempo diventa grigio. Non ce un qualcosa fuori che provoca questo dolore, e' come un nodo stretto, ma questo dolore si presenta spesso, scompare per magia e dopo un po' e' di nuovo presente. 
Ti abbraccio forte "

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Fino a che non si vede che tutto è Uno e ci si stabilizza in questo vedere, ci saranno aree dove non si è emozionalmente connessi e quindi certe situazioni e cose indicheranno ovviamente il fatto che in quei luoghi sembrerà esserci una separazione: questo è il nodo che dici di sentire. E’ la contrazione di energia che è il ritrarsi da ciò a cui si è presenti in un certo momento.

Affinché questi momenti di ritrarsi dalle cose vadano via, l’unico modo è stare con qualunque sensazione sia presente in quel momento. Quando si fa così, l’energia contratta inizia ad allentarsi e alla fine non è più trattenuta in una contrazione. Spesso allora, quando la sensazione si dissolve, c’è un sorgere ad un livello intellettuale di ciò che riguardava quel particolare oggetto che faceva sorgere quel ritrarsi. Questa comunque non è una regola,  né è una necessità, perché una volta che quel ritrarsi da una certa cosa non accade più, allora non c’è più un problema che abbia bisogno di essere gestito attraverso la comprensione.
   
E’ anche naturalmente possibile che qualcosa nello stato di sogno faccia sorgere questo contrarsi nello stesso modo in cui accadrebbe nello stato di veglia: questo allora spiegherebbe come mai vai a dormire sentendoti bene e ti svegli sentendoti malissimo.

Quelle aree in cui non siamo aperti e connessi sono inconscie in noi e non è possibile quindi sapere cosa sono o dove sono fino a che non ne diventiamo coscienti ad un livello intuitivo, il che significa che stanno già salendo in superficie per essere alla fine riconosciute a livello conscio. Mentre questo sta accadendo, incorporiamo tale sorgere come sensazioni e se la sensazione ha il permesso di dissolversi in noi essa scompare. L’oggetto allora torna alla sua sorgente, che è ciò che la testimonia.  

Se si diventa consapevoli che fare qualunque cosa nella direzione di un gestire a livello personale queste cose è in realtà solo un nutrirle e farle continuare, in modo del tutto naturale non faremo nulla. In questo far nulla, in cui non c’è nessuno che faccia niente, quelle sensazioni si dissolvono.

Con un non fare nulla non sto suggerendo che ci sia un qualcuno presente che possa fare quel “non fare”. Non fare niente è ciò che accade quando si nota sorgere come sensazione di disagio ciò che in precedenza era inconscio e a quel punto c’è uno sviluppare consapevolezza fino a  essere consci di ciò che era presente lì tutto il tempo e che già si intuiva andasse ad impedire un connettersi a pieno con le proprie situazioni di vita. Tutto questo quando è lasciato da solo a dispiegarsi sale in superficie e si dissolve. Ogni cosa sta semplicemente accadendo, senza l’aiuto di un immaginario qualcuno. Sì, è vero, persino il grigiore del tempo è riflesso come tutto il resto.

Come quell’Uno che crea ogni cosa tu non sei il corpo o la mente, in quanto anche corpo e mente sono dei riflessi, sono degli oggetti creati, quindi quando alla fine anch'essi sono pienamente abbracciati si dissolvono nell’Uno che li ha testimoniati insieme a tutto il resto. Un grande sospiro di sollievo sale su, e Uno è a casa.

Un GRANDE abbraccio, Avasa

5 commenti:

Eleonora ha detto...

Grazie, grazie infinitamente cari Avasa e Shakti.
Questa domanda a cui Avasa risponde era nella mia testa da un paio di giorni :)))

Claudio Maddaloni ha detto...

bello questo metodo! di livello più elevato di quello tradizionalmente impiegati in psicoterapia e nel counselling... tuttavia, questo approccio non si impara sui libri, e solo in presenza di qualcuno che lo ha realizzato potrà essere trasmesso e compreso. o forse riconosciuto piuttosto. Occorre un nuovo approccio in psichiatria e psicologia alla sofferenza....

Shakti ha detto...

certamente per questo facciamo quessto corso per terapisti. il grande limite come tu stesso sai è che si creda che ci sia qualcuno da curare o da essere curato

Shakti ha detto...

non basta capire, bisogna diventare quella comprensione

Shakti ha detto...

...infatti non è affatto un metodo come hai scritto tu :-)