domenica 28 ottobre 2007

Io sono

Il fatto è che non puoi avere un picco senza una valle. Ma puoi vivere in una tale posizione rispetto a queste due cose che vedi i picchi e le valli, ma non scali i picchi e non scendi nelle valli. C'è una linea di mezzo, che Buddha ha chiamato la via di mezzo, di cui stupidi buddhisti si sono appropriati e hanno pensato che fosse un cammino che portava da qualche parte...Ciò di cui parlava Buddha era una linea che non fluttua assolutamente, che non va nè giù nè su e in quella linea ci sono vibrazioni più alte e più basse. Probabilmente uno dei luoghi in cui è più rappresentato con chiarezza è nella musica tradizonale indiana. Chiunque sa come accordare un sitar sa che ogni corda è accordata in modo tale che qualunque sia la corda che tu pizzichi farà vibrare anche le altre corde che non sono toccate che esse risuonano con il do di mezzo. Nella musica tradizionale indiana, il do di mezzo è quella linea costante che scorre tra picchi e valli e in ogni musica in cui si sia il sitar sentirai quel do di mezzo e sarà da quel do di mezzo che guarderà la musica che verrà suonata. E' una rappresentazione della vita come è tutta la musica tradizionale indiana. Tu stai osservando la vita da quella prima vibrazione, dal do di mezzo. prima di quello c'è silenzio, dopo il do di mezzo ci sono le scale sopra e sotto. Se rimani sintonizzato con il do di mezzo, mantenendolo nella tua coscienza mentre ascolti il sitar che suona, allora vieni portato nelle valli e picchi senza perdere il tuo centro. Non è che perdi te stesso in nessuna delle due esperienze , ma esse si perdono in te. Naturalmente ogni vibrazione sopra e sotto quella linea deve tornare a quella linea, la fine di ogni brano musicale in cui c'è il sitar torna sempre al do di mezzo che è da dove inizia. Viene dal silenzio e ritorna al silenzio, la prima e ultima vibrazione è il do di mezzo. Ecco di cosa parla Buddha quando citava la via di mezzo, di tenere quella linea tra valli e picchi. Quella linea è il senso di io sono, di esistere. Di solito l'essere umano medio non è consapevole di essere, di esistere. E' incastrato nel gioco della esistenza, ma non è consapevole nel gioco dell'esistenza. In un certo senso questa è la differenza dopo il risveglio. C'è una consapevolezza di cosa è l'io sono, uno riposa lì in tutte le circostanze della vita.
Oltre questo c'è il Vuoto. La prima cosa che è sorta questa mattina nella consapevolezza era quel senso di io sono, quel senso di esistere senza sapere in quanto cosa uno esiste, e questo è accaduta a ciascuna di queste forme quando esse si sono svegliate stamani. Quando usciamo da questo vuoto, da quell'immobilità, la prima cosa che si incontra è quel senso di io sono, quel senso di esistere, quando incontri questo ogni mattina cosciamente, tutta la qualità del giorno è diversa da quendo questo non accade. Se tu torni a dormire quella mattina consciamente cosapevole dell'io sono, allora sorgerai dal sonno profondo la mattina dopo con la stessa chiarezza. Lascia che la tempesta venga. Tu guardi sempre l'attività della tempesta dall'immobilità se la vedi da li, è davvero solo letteralmente un turbine caotico, un vento di pensieri e emozioni che passano. E tu osservi tutto sapendo che anche questo passerà e verrà a riposare. Se la agiti, aspettati lo scatenarsi della tempesta, ma non devi restarci conivolto per forza. Se potessimo vivere la vita in modo tale che non ci dobbiamo aggrappare a niente, se non abbiamo nessuna idea di come dovrebbe essere il domani, il prossimo momento, allora non soffriremo mai. Lascia che la tempesta venga, essa è sempre seguita da una pace, riposa sempre nella pace. Ma la tempesta potrebbe gettarti in una direzione in cui non volevi andare, se puoi accettare che ovunque ti getti sarà dove tu come divino volevi essere. Puoi davvero essere allora e non soffrirai mai, non importa quante tempeste attraverserai, te le godrai, saprai che passeranno e che prima o poi ti lasciaranno esattamente dove tu vuoi essere.

Avasa