venerdì 23 marzo 2012

Essere se stessi

"La mia interpretazione dell'accettare il momento così come è prevede il fatto che io non faccia assolutamente niente per cambiarlo. Questo si riflette nella mia vita in generale nel momento che mi sento spinta a non fare niente per cambiare la situazione alquanto disastrosa in cui mi trovo. C'è in me una convinzione che ciò che la vita mi ha portato debba servire proprio a farmi arrendere a ciò che è. Nello stesso tempo non posso sentirmi in pace perchè nell'apparente realtà normale il mio comportamento è anomalo. Invece di darmi da fare per risolvere in qualche modo le circostanze in cui mi trovo, me ne resto lì "tranquilla" ad aspettare. C'è confusione, non so se sto solo trovando scuse per non agire, mentre mi adagio in una sorta di "dolce far niente". Tutto ciò dura da ormai tre anni in cui forse sono stata anche depressa o forse lo sono ancora. Non ho mai capito cosa significhi veramente depressione. So solo che a volte anch'io ho pensato che l'unico modo per non vivere più certi momenti di angoscia fosse quello di morire."

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 Ciao cara.

Rassegnazione non è accettazione. Paura del cambiamento fino all'immobilismo non è accettazione.

Nell'accettazione non c'è conflitto: non ci si sente divisi tra il voler cambiare qualcosa e il non farlo, c'è un testimoniare il fatto che le cose stanno come stanno e non c'è nessuna resistenza a cambiarle quando non sono più in sintonia con il modo in cui la tua forma è più attratta. Il cambiamento avviene in modo del tutto naturale quando non c'è conflitto.

Fai un passo indietro.

Quando siamo bambini se siamo tristi piangiamo e se siamo felici ridiamo. Non c'è nessun conflitto a riguardo. Le cose sono semplici in un certo senso. I nostri sì sono sì e i nostri no sono no.

Pian piano attraverso il condizionamento veniamo pervertiti, per così dire. Veniamo condizionati attraverso meccanismi di paura-premio a fare quello che ci viene chiesto. Veniamo spinti con la paura del rifiuto e dell'esclusione a seguire quello che ci viene detto che è meglio per noi.

E nel farlo, piano piano, perdiamo il contatto con la nostra essenza. Quella vocina che ci dice sì e una sensazione di benessere si espande quando vogliamo fare qualcosa e quella stessa vocina che grida "NO!" e qualcosa si contrae quando non vogliamo fare qualcosa. Non la sentiamo più. E' divenuta soffocata dalle voci dl condizionamento.

Improvvisamente la vita non è più semplice, diventa molto complicata. Improvvisamente le cose non fluiscono attraverso un sì e un no che segue il ritmo del corpo. Abbiamo dubbi, incertezze, abbiamo paure e resistenze.

Questo accade perché abbiamo imparato che se siamo noi stessi perderemo l'amore che le persone intorno a noi ci danno. Non rientreremo più nei ranghi, non saremo più accettati. L'aver dimenticato quella gioia costante e incondizionata, quel senso di libertà senza confini della primissima infanzia ci ha transformati in essere robotici, guidati dalla paura. Ci viene insegnato che dobbiamo amare mamma e papà e che loro ci danno amore.

Un bambino non ha bisogno di essere amato, un bambino E' Amore. Ma lo dimentica, preso dal condizionamento che viene imposto sulla sua innocenza. Gli viene insegnato che sarà felice domani, quando sarà il suo compleanno, se farà il bravo. Gli verrà insegnato che potrà essere orgoglioso di sè solo quando avrà conseguito quello che ci si aspetta da lui. Non è sorprendente che da grandi finiamo per essere confusi. Direi invece che è piuttosto normale: abbiamo perduto contatto con quello che siamo, con quello che il corpo naturalmente preferisce.

Questo provoca una estrema sofferenza, che può persino portare ad una depressione: l'energia della forma è collassata perché non segue più il suo ritmo naturale. Siamo incastrati e improgionati e non sappiamo più neppure il perché.

Quindi hai ragione: la situazione è lì per mostrarti qualcosa. Ovvero che non sei dove vorresti essere ma c'è una resistenza al cambiamento. Di solito, se non sempre direi, la resistenza è causata da una paura. Paura di perdere qualcosa o qualcuno. Paura dell'ignoto, di non avere sicurezze.

Quello che è chiaro è che se la paura di cambiare (quale che sia la sua motivazione) è più forte della sofferenza causata dalla situazioni che non ci si addice la forma resterà nella situazione. Se invece quella sofferenza è divenuta intollerabile al punto da causare pensieri suicidi, allora un punto di crisi verrà raggiunto in cui un cambiamento avviene.

Se è possibile divenire consci della sofferenza e restare in contatto con essa a livello percettivo (senza aspettare che vada via domani o in qualche modo senza aspettare un prossimo momento in cui le cose cambieranno) allora quella sofferenza verrà finalmente accettata e nell'abbracciarla, nell'accoglierla, si dissolverà.

L'angoscia è presente perché non stai rispettando il tuo sentire e non lo stai facendo perché c'è paura di sentire paura. Quando è possibile sentire quella paura senza più nessuna scusa allora quell'energia che chiamiamo paura e che è la nostra stessa radianza contratta tornerà a irradiarsi e faremo di nuovo esperienza di gioia. Saremo di nuovo noi stessi.

Ti abbraccio e aspetto una tua risposta se ne senti necessità di altre parole.

Con amore,
Shakti

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