Insomma, Caterina, ci son solo sogni nel Vuoto, che (apparentemente) si susseguono senza fine...(e senza inizio)
Di notte, mentre dormo, c'è qualcosa che osserva il delirio e le storie della mente, a metà...cioè per metà ne è dentro, e per metà si sente dentro un labirinto senza uscita. Nel "cosiddetto" stato di veglia, invece, c'è il vedere di questo che ho scritto, e sembra quasi che mi stia rassegnando a lasciar fluire il sogno. Di sicuro non riesco a concepire la possibilità di un riconoscimento di Me Stesso, dato che sarebbe qualcosa di Vuoto ed Eterno, quindi Nulla. Chi poi dovrebbe riconoscere Sé? Mi sembra assurdo... un eventuale riconoscimento sarebbe morte, nel senso pieno del termine, e anche la morte mi sembra solo un concetto...non può esserci morte, dato che è niente.
C'è più fluire, ma è "serena" e obbligata rassegnazione....e c'è anche, comunque, ancora, una parte della mente che vorrebbe trovare una "soluzione" a tutto questo.
Bah... te lo scrivo così, per condividere, e sapere che ne pensi, se ti andrà di rispondermi.
(sta a vedere che finisco tra le tue famose "note" del blog..ah ah ah)
Passa una buona giornata...anzi, sìì una buona giornata.
_________________________________________________________________
Ciao caro,
eggià chi è che si vuole svegliare, il personaggio che pensi di essere? Ma quello già è solo un sogno, è parte del sogno della Vita, di cui intravedi già la trama. Tranquillo tu non ti risvegliarai mai perché sei parte del sogno. Non sei in mezzo a nessun processo, non sei nè mezzo sveglio nè mezzo addormentato. Quello è solo parte del sogno. Sarebbe come dire che la trama del film che stai guardando debba andare in un certo modo perché tu possa ad un certo punto spegnere il televisore e alzarti, non importa se un attimo prima stavi ridendo a crepapelle o sognavi di essere profondamente innamorato della proteganista del film, se ti spaventava un mostro affamato di sangue, o se piangevi calde lacrime per la perdita di un amico in guerra. Era solo un film!
Hai ragione c'è une bella differenza tra accettazione e rassegnazione. Fino a che ti senti in lista per il primo premio di illuminazione alla lotteria nazionale non può esserci accettazione: al massimo rassegnazione nel vedere che nonostante le promesse non ce la fai a risvegliarti, nonostante tu abbia capito trucchi e trabochetti della mente, perdonato mamma e papà e sciolto i blocchi energetici che sembravano ingombrare i tuoi chakra e ti sia perfino lasciato andare alla grazia del guru.
Ramana Maharshi incontrò un suo discepolo anni fa che con aria risentita gli disse "Maestro mi hai detto quindici anni fa che per vedere chi sono avrei dovuto percorrere o un cammino di auto-conoscenza o mi saei dovuto arrendere a te. Beh, sono quindici anni che mi sono arreso e non è ancora accaduto nulla!". L'arresa non è qualcosa che si possa fare o fabbricare e se accade non attende un risultato.
Il punto è che ci aspettiamo un risultato perché immaginiamo che ne esista uno. Di fatto non è così: non esiste risveglio o liberazione per qualcuno che non esiste se non come personaggio di fantasia. Tutto quello che esiste - di fatto- è questo momento. E in questo momento, nella percezione di questo momento, non c'è il qualcuno che si debba risvegliare se non come concetto, come idea. In questo momento non c'è alcuna necessità di risveglio, esiste solo l'atemporalità fatta carne del corpo, l'eternità accennata di oggetti e cose che ti circondano. Tutto parla di questo, senza parole e attende davvero solo che ascoltiamo.
Qualunque sia la cosa da cui fuggiamo o l'ansia che ci rincorre persino che si chiami risveglio essa cessa nel momento presente. Essere presenti non può essere una tecnica, o un raggiungimento, è qualcosa che è sempre immediatamente disponibile. E' ciò che sie, è ciò che sono. E' qui, sempre. Per questo non lo puoi raggiungere o perdere ma solo esserlo.
Vedi, non esiste una soluzione. Perché non esiste il problema, esso è solo immaginario! Non è un enigma di risolvere, anche se fino a che ti senti nel gioco sembra che sia così, sembra che qualcosa di fondamentale e inafferibile manchi. TU ti manchi, perché hai perso di vista questa Consapevolezza, questo Silenzio in cui accade la scena della Vita e da cui essa nasce e muore.
Non serve fare nulla. Il fatto stesso che queste parole appaiano ora alla tua attenzione significa che qualcosa si sta chiarendo perchè queste parole che nascono nella tua attenzione sono quindi tue. Vengono da te, da questo Silenzio. E questo stesso Silenzio adesso le ascolta diventandone più cosciente. Sta già accadendo e misteriosamente, non sta succedendo niente.
Un abbraccio,
Caterina
giovedì 26 luglio 2012
lunedì 23 luglio 2012
Il pendolo della mente
Pubblico un'altro scambio di questi giorni con un amico.
Perdo di vista il fatto che non ci sia nessuno, che tutto può essere calmo, anche la mente.
Sei ciò che guarda quei pensieri infiniti e paura. Tutto li.
Perché avvengono? E se fossero veri?
Sono solo pensieri. Vanno e vengono, quello che è vero è solo quello che non va e non vene mai, ovvero te stesso.
Ti voglio bene, anche se non esisti.
Shakti
______________________ Perdo di vista il fatto che non ci sia nessuno, che tutto può essere calmo, anche la mente.
Quando sei
bombardato di pensieri, ne nasce uno dopo l'altro, è una confusione, fantasie,
dei sogni continui in apparenza inarrestabili...
Boh, sono tornato nell'insicurezza e
nella fobia generale e sociale, è grave?
Se pensi di
esserti perso allora è solo perché ti illudevi di esserti trovato. Tu non sei
mai da nessuna parte, e quindi sei dappertutto. Tu sei lo sfondo vuoto su cui
la mente e il mondo si manifestano: fino a che pensi di essere il soggetto
della mente desidererai che essa e il mondo si manifestino in un certo modo. Ad
esempio che siano in pace oppure che abbiano certe caratteristiche.
Di fatto fino a che non vediamo chi siamo vogliamo che il mondo appaia in modo stabile e tranquillo perché cerchiamo noi stessi nel mondo cerchiamo quel silenzio in un mondo di rumori... ed è ovvio che non lo troveremo mai lì. Dunque se credi di aver perso il tuo centro è solo perché credevi di essere un qualcuno che si era trovato: tu non puoi mai perderti, sei sempre presente. Il riconoscimento di questo non è sempre presente, invece. Infatti a volte ti immagini di essere quello che non sei: un personaggio della storia della tua vita che vive certe vicende non altre. A volte ti dimentichi di "te" e quindi ti accorgi che sei solo lo spettatore del gioco e il suo creatore. In quel momento torni allora a divertirti, e la storia della vita assomiglia d una divina commedia più che ad un incubo.
Di fatto fino a che non vediamo chi siamo vogliamo che il mondo appaia in modo stabile e tranquillo perché cerchiamo noi stessi nel mondo cerchiamo quel silenzio in un mondo di rumori... ed è ovvio che non lo troveremo mai lì. Dunque se credi di aver perso il tuo centro è solo perché credevi di essere un qualcuno che si era trovato: tu non puoi mai perderti, sei sempre presente. Il riconoscimento di questo non è sempre presente, invece. Infatti a volte ti immagini di essere quello che non sei: un personaggio della storia della tua vita che vive certe vicende non altre. A volte ti dimentichi di "te" e quindi ti accorgi che sei solo lo spettatore del gioco e il suo creatore. In quel momento torni allora a divertirti, e la storia della vita assomiglia d una divina commedia più che ad un incubo.
Tuttavia
questo tornare a vedere chi sei non è stabile, e per molte volte è necessario
che tu apparentemente torni a cogliere chi sei per poi perderti di nuovo
nell'illusione di essere un qualcuno, sia un qualcuno che si sta trovando che
un qualcuno che si è perso. Tale ricadere nella trappola dell'ego è un
passaggio necessario fino a che non lo è più perché si è visto con chiarezza
che tu sei al di là di ogni movimento della mente.
Allora non
ti interessa più come la mente appaia, essa potrebbe essere una giungla di
pensieri oppure un mare tranquillo. In entrambi i casi vedrai che la cosa non
ti appartiene; perché tu sei oltre la mente.
Io ho paura
di quello che potrei essere, non lo so chi sono , ci sono pensieri infiniti e
paura.
Sei ciò che guarda quei pensieri infiniti e paura. Tutto li.
Perché avvengono? E se fossero veri?
Sono solo pensieri. Vanno e vengono, quello che è vero è solo quello che non va e non vene mai, ovvero te stesso.
Lo so, ma sembra tutto vero nella
mente e nel corpo.
Lo sembra ma non lo è.
Ma non ne ho
certezza.
Ok, allora soffri l'incertezza, sentila come sensazione. Deve arrivare un momento in cui SENTI questa sofferenza senza pensarla, senza andare in storie circolari mentali senza fine. Mi capisci?
Ok... In realtà mi è anche successo, ma adesso non è così, ecco tutto.
Lascia che la mente stia lì, è normale che torni. Quando torna, essa torna ancora più inferocita perché si è accorta di aver perso terreno. Quindi è del tutto normale, lascia che torni e non giocare con la spazzatura.
Ok, allora soffri l'incertezza, sentila come sensazione. Deve arrivare un momento in cui SENTI questa sofferenza senza pensarla, senza andare in storie circolari mentali senza fine. Mi capisci?
Ok... In realtà mi è anche successo, ma adesso non è così, ecco tutto.
Lascia che la mente stia lì, è normale che torni. Quando torna, essa torna ancora più inferocita perché si è accorta di aver perso terreno. Quindi è del tutto normale, lascia che torni e non giocare con la spazzatura.
Stai con la
sensazione e non ti fissare sulla mente. Non hai bisogno di controllare la
mente, lascia che sia...
non è
obbligatorio crederci alla mente, lasciati sentire la sensazione che accompagna
quei pensieri.
Mi sento meglio. Ma che senso ha avuto questo malessere acuto?
Mi sento meglio. Ma che senso ha avuto questo malessere acuto?
E' solo un pendolo! La mente oscilla
a destra e sinistra e ti fa sembrare che TI stia accadendo qualcosa, quando
invece qualcosa sta solo accadendo, ma non a te. Non c'è un senso nella
sofferenza, e neppure nel piacere, esse sono solo parte delle curve della vita.
Il senso non è nella storia e quindi nel tempo lineare ma nel momento: nel
momento in cui sei davvero del tutto presente a questo momento allora c'è un
senso per così dire... ovvero che questo momento esiste e potrebbe anche non
esistere, c'è gratitudine infinita per il fatto che esso esista.
La mente ti fa pensare che nel suo
oscillare tra su e giù "qualcosa" stia accadendo e che tu stia
andando da qualche parte. In realtà non stai andando da nessuna parte, stai
marciando sul posto, solo che a volte batti col piede destro e chiami quello
"va tutto bene" e a volte con il piede sinistro e chiami quello
" va tutto male". Non c'era qualcosa che doveva succederti, è
successo ma non a te e l'idea che sia successo a te è parte della sofferenza.
Si tratta di restare fermi o meglio di vedere che si è immobilità stessa
-sempre- e lasciare che la mente faccia il suo corso.
La verità è che non stai andando da nessuna parte, c'è solo il momento.
Possa tu essere sempre in ascolto di questo momento, godendo appieno l'avventura dell'essere vivi.
La verità è che non stai andando da nessuna parte, c'è solo il momento.
Possa tu essere sempre in ascolto di questo momento, godendo appieno l'avventura dell'essere vivi.
Ti voglio bene, anche se non esisti.
Aahah, anche
io caro me stesso.
(Che rispostina, grazie).
Dio
Pubblico uno scambio di email interessante.
"DOMANDA
ciao, innanzitutto grazie per la tua splendida condivisione, ti contatto per un confronto su un qualcosa che mi sta a cuore.....spesso si vede un conflitto che adesso ho identificato fra una visione Advaita e una visione Dvaita....Yoghi Bhajan parla di Dio nella creazione e Dio .....questa affermazione sembrerebbe unire le due visioni....spesso leggo scritto che ad esempio la creazione senza qualcuno che la percepisce non esisterebbe.... non riesco a sentirla sta cosa... io vedo il veicolo energetico "essere umano " come un ricevitore di un segnale emesso dalla Fonte, che indipendentemente se ricevuto o no viene emesso....Yogananda mette in guardia infatti su questo errore di interpretazione ora che ci penso...la creazione esisterebbe anche senza l'uomo...condivido il pensiero di un Dio che e' dentro di me, ma questo non esclude che lo sia anche fuori non vedo contrasti fra le due visioni.... forse anche l'incarnazione divina o massima espressione della Fonte nella Creazione ha dei limiti, che se veramente Tutto fosse al suo interno questi limiti non esisterebbero...e si tutto al nostro interno ma forse solo quello che possiamo contenere,in sostanza Dio e' uno stato della nostra coscienza.....
Io credo che e' si la Luce o Verita' proiettata dalla Fonte nell'uomo e in tutto l'universo,"alzate una pietra e li' mi troverete" per questo si dice che solo dentro di noi possiamo trovarlo e cosi' e' ,credo che noi possiamo percepirLo ,addirittura incarnarLo pero'....sono veramente curioso del tuo sentire al riguardo .
RISPOSTA:
Quando ci chiediamo se esista Dio il problema è mal posto. Ciò che non esiste siamo noi! Tutto ciò che esiste è Divino ed esiste solo il Divino. Il corpo come forma, come veicolo della Consapevolezza è fatto della stessa sostanza e immagine di quella divina in quanto tutto è UNO, non esiste separazione. Persino il concetto di separazione esiste alll'interno di ciò che non è mai separato. Tutto quello di cui fai esperienza è esperito da qualcosa che ne è conscio e ne testimonia nascita e morte. Questo qualcosa, che in sè è una non-cosa, è il Sè. Quindi ciò che si può chiamare Dio è davvero e solo Io, non la personalità, ma il Vuoto Testimone.
DOMANDA:
Grazie ! Riesco ad integrare perfettamente questo che hai scritto in cio' che sento, credo sia un buon segno eheheheehehvista sotto questa angolazione che fondamentalmente e' cio che sento anch'io... si dice che lo yogi ad un certo punto uscirà dall'orgoglio e dal senso di colpa perche' prendera' coscienza che e' sempre stato Dio ad agire.....grazie ancora....
RISPOSTA
Esatto! La percezione che esista un io e un Dio è solo illusoria, in effetti quello è l'ego!
DOMANDA
l'identificazione con l'ego non ci permette di vedere questa unione... la differenza fondamentalmente possiamo riassumerla in una differenza di consapevolezza dell'ego e di conseguenza di Dio... a lungo mi sono chiesto cosa mi separava dall'avere una profonda percezione delle cose, in realta' mi sono reso conto che cercavo con lo strumento sbagliato... la mente razionale ... invece in quel testimone, quella pura presenza vuota, tutto arriva senza nessun processo "logico".
RISPOSTA
Esatto! in realtà ciò che sei e che cerchi è già presente. E' ciò che testimonia il processo di ricerca, inclusa la ricerca della purificazione dall'ego. Non esiste di fatto un momento in cui sarai libero dall'identificazione perchè non esiste un te che abbia una identificazione egoica! Questa comprensione fondamentale mette fine alla ricerca ma non può essere frutto di una conclusione logica o mentale. Essa deve provenire per essere autentica e non frutto di un ego spirituale da un vedere chiaro che non è mai esistito un qualcuno che aveva un ego o un qualcuno che doveva raggiungere il divino. Yoga che significa come sai "unione con dio" è dunque tutto quello che già esiste, in quanto non c'è mai un qualcuno che sia separato dal divino. L'illusione che questo sia il caso è la fonte della sofferenza e ogni azione che venga intrapresa dal presuspposto condurrà solo ad una illusione più profonda.
Ciò che sei sempre e da sempre è il Vuoto Testimone di ogni cosa, incluse queste parole. Là dove essere vengono percepite come suoni nella mente o come segni su uno schermo e poi trasformate in sensazione o altro pensiero è un luogo dove nulla viene mai detto. Là siamo già Uno, là non siamo mai separati e dunque non ci dicimao mai nulla così come la mano destra non si sente separata da piede o dalla gamba, così siamo solo un unico corpo le cui membra solo apparentemente agiscono in modo contrastrante le une dalle altre.
Dire che si è personalmente raggiunta la liberazione sarebbe come dire che la mano ha personalmente raggiunto l'unità con il resto del corpo, laddove invece essa era sempre e solo parte di un unico insieme. La tua forma non è disgiunta se non in modo apparente dalle altre o dal resto della manifestazione e ciò che la vive e la anima resta intoccato da tutte queste cose, inclusi gli anni che passano e i tentativi di ricerca. Esso resta sullo sfondo come e in quanto terreno di base da cui ogni cosa sorge e muore. Se tu non fossi cosciente del manifestarsi e dissolversi della manifestazione queste cose di fatto non esisterebbero e in questo senso ne sei il creatore. Esse si manifestano in accordo con il modo in cui conosci chi sei o ignori chi sei, apparendo come incubo o come sogno, a seconda della coscienza che hai di te.
Questa è una descrizione di un dato di fatto NON uno stato che devi raggiungere o che puoi raggiungere perchè quel te che immagini che debbia fare questo sforzo non esiste e esso stesso è parte e origine della sofferenza stessa che dà motore alla ricerca.
Tu sei GIA' Questo.
DOMANDA:
Sento in questo scritto una gioia di cui faccio esperienza....come un fiume che non sa' dove riversarsi quanto e' in piena... grazie ancora Shakti... ho sempre pensato che non c'e niente da fare ... Shiv, un maestro nel Kundalini yoga dice :se imparassimo a respirare, tutte le stampelle dello yoga inclusa la meditazione potremmo buttarle... il respiro ci accompagna sempre... scorgere quel confine fra il respirare e l'essere respirati....
RISPOSTA:
La tua gioia è tutta mia. un caro saluto,
Shakti Caterina Maggi
"DOMANDA
ciao, innanzitutto grazie per la tua splendida condivisione, ti contatto per un confronto su un qualcosa che mi sta a cuore.....spesso si vede un conflitto che adesso ho identificato fra una visione Advaita e una visione Dvaita....Yoghi Bhajan parla di Dio nella creazione e Dio .....questa affermazione sembrerebbe unire le due visioni....spesso leggo scritto che ad esempio la creazione senza qualcuno che la percepisce non esisterebbe.... non riesco a sentirla sta cosa... io vedo il veicolo energetico "essere umano " come un ricevitore di un segnale emesso dalla Fonte, che indipendentemente se ricevuto o no viene emesso....Yogananda mette in guardia infatti su questo errore di interpretazione ora che ci penso...la creazione esisterebbe anche senza l'uomo...condivido il pensiero di un Dio che e' dentro di me, ma questo non esclude che lo sia anche fuori non vedo contrasti fra le due visioni.... forse anche l'incarnazione divina o massima espressione della Fonte nella Creazione ha dei limiti, che se veramente Tutto fosse al suo interno questi limiti non esisterebbero...e si tutto al nostro interno ma forse solo quello che possiamo contenere,in sostanza Dio e' uno stato della nostra coscienza.....
Io credo che e' si la Luce o Verita' proiettata dalla Fonte nell'uomo e in tutto l'universo,"alzate una pietra e li' mi troverete" per questo si dice che solo dentro di noi possiamo trovarlo e cosi' e' ,credo che noi possiamo percepirLo ,addirittura incarnarLo pero'....sono veramente curioso del tuo sentire al riguardo .
RISPOSTA:
Quando ci chiediamo se esista Dio il problema è mal posto. Ciò che non esiste siamo noi! Tutto ciò che esiste è Divino ed esiste solo il Divino. Il corpo come forma, come veicolo della Consapevolezza è fatto della stessa sostanza e immagine di quella divina in quanto tutto è UNO, non esiste separazione. Persino il concetto di separazione esiste alll'interno di ciò che non è mai separato. Tutto quello di cui fai esperienza è esperito da qualcosa che ne è conscio e ne testimonia nascita e morte. Questo qualcosa, che in sè è una non-cosa, è il Sè. Quindi ciò che si può chiamare Dio è davvero e solo Io, non la personalità, ma il Vuoto Testimone.
DOMANDA:
Grazie ! Riesco ad integrare perfettamente questo che hai scritto in cio' che sento, credo sia un buon segno eheheheehehvista sotto questa angolazione che fondamentalmente e' cio che sento anch'io... si dice che lo yogi ad un certo punto uscirà dall'orgoglio e dal senso di colpa perche' prendera' coscienza che e' sempre stato Dio ad agire.....grazie ancora....
RISPOSTA
Esatto! La percezione che esista un io e un Dio è solo illusoria, in effetti quello è l'ego!
DOMANDA
l'identificazione con l'ego non ci permette di vedere questa unione... la differenza fondamentalmente possiamo riassumerla in una differenza di consapevolezza dell'ego e di conseguenza di Dio... a lungo mi sono chiesto cosa mi separava dall'avere una profonda percezione delle cose, in realta' mi sono reso conto che cercavo con lo strumento sbagliato... la mente razionale ... invece in quel testimone, quella pura presenza vuota, tutto arriva senza nessun processo "logico".
RISPOSTA
Esatto! in realtà ciò che sei e che cerchi è già presente. E' ciò che testimonia il processo di ricerca, inclusa la ricerca della purificazione dall'ego. Non esiste di fatto un momento in cui sarai libero dall'identificazione perchè non esiste un te che abbia una identificazione egoica! Questa comprensione fondamentale mette fine alla ricerca ma non può essere frutto di una conclusione logica o mentale. Essa deve provenire per essere autentica e non frutto di un ego spirituale da un vedere chiaro che non è mai esistito un qualcuno che aveva un ego o un qualcuno che doveva raggiungere il divino. Yoga che significa come sai "unione con dio" è dunque tutto quello che già esiste, in quanto non c'è mai un qualcuno che sia separato dal divino. L'illusione che questo sia il caso è la fonte della sofferenza e ogni azione che venga intrapresa dal presuspposto condurrà solo ad una illusione più profonda.
Ciò che sei sempre e da sempre è il Vuoto Testimone di ogni cosa, incluse queste parole. Là dove essere vengono percepite come suoni nella mente o come segni su uno schermo e poi trasformate in sensazione o altro pensiero è un luogo dove nulla viene mai detto. Là siamo già Uno, là non siamo mai separati e dunque non ci dicimao mai nulla così come la mano destra non si sente separata da piede o dalla gamba, così siamo solo un unico corpo le cui membra solo apparentemente agiscono in modo contrastrante le une dalle altre.
Dire che si è personalmente raggiunta la liberazione sarebbe come dire che la mano ha personalmente raggiunto l'unità con il resto del corpo, laddove invece essa era sempre e solo parte di un unico insieme. La tua forma non è disgiunta se non in modo apparente dalle altre o dal resto della manifestazione e ciò che la vive e la anima resta intoccato da tutte queste cose, inclusi gli anni che passano e i tentativi di ricerca. Esso resta sullo sfondo come e in quanto terreno di base da cui ogni cosa sorge e muore. Se tu non fossi cosciente del manifestarsi e dissolversi della manifestazione queste cose di fatto non esisterebbero e in questo senso ne sei il creatore. Esse si manifestano in accordo con il modo in cui conosci chi sei o ignori chi sei, apparendo come incubo o come sogno, a seconda della coscienza che hai di te.
Questa è una descrizione di un dato di fatto NON uno stato che devi raggiungere o che puoi raggiungere perchè quel te che immagini che debbia fare questo sforzo non esiste e esso stesso è parte e origine della sofferenza stessa che dà motore alla ricerca.
Tu sei GIA' Questo.
DOMANDA:
Sento in questo scritto una gioia di cui faccio esperienza....come un fiume che non sa' dove riversarsi quanto e' in piena... grazie ancora Shakti... ho sempre pensato che non c'e niente da fare ... Shiv, un maestro nel Kundalini yoga dice :se imparassimo a respirare, tutte le stampelle dello yoga inclusa la meditazione potremmo buttarle... il respiro ci accompagna sempre... scorgere quel confine fra il respirare e l'essere respirati....
RISPOSTA:
La tua gioia è tutta mia. un caro saluto,
Shakti Caterina Maggi
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domenica 22 luglio 2012
Cosa è Amore
Amore NON è una esperienza che sembra fluire da una forma ad un'altra, quella è un'attività energetica.
Ciò che testimonia questa attività è una non-attività, questa non
attività è Amore e quando questa è la verità del momento tu, in te stesso,
sei questo Amore.
In questo vedere non ci sono altri da amare, c'è
solo Amore. Quando non c'è un senso di alterità, ovvero che esista l'altro,
allora c'è Amore.
Questa forma appare in ciò che tu sei, il
testimone, la forma che è stata reclamata essere la tua appare anch'essa
e quindi entrambi siamo apparizioni, attività, che appaiono in questo
testimone che è l' "Io" di entrambi, Io è Uno.
Avasa
venerdì 20 luglio 2012
Informazione
Questa informazione distrugge il concetto di ego, l'ego quindi non gli darà il benvenuto e lo accetterà...
E' normale che tale reazione sorga anche se c'è apertura ad una informazione nuova, in quanto è una minaccia a colui che abbiamo immaginato di essere per così tanto tempo. Ricorda che questa reazione è anch'essa un'azione della coscienza, impersonale, nessuno sta reagendo, è solo reazione che accade. In realtà colui che è immaginario non è sempre qui, non c'è per nulla se non come idea, di certo non come un oggetto che possa essere identificabile.
L'ego NON è una entità, è una attività. Nel sonno profondo non è per nulla presente, quando il gioco di te e di me si è dissolto nel sonno profondo siamo insieme come questo Uno. Qui l'Uno è visto fare esperienza del corpo, e colui che era immaginario viene svelato nella sulla illusorietà.
Se hai intuitivamente capito questo adesso quindi non c'è più nulla che debba essere fatto, l'impatto di questo troverà il suo corso, colui che è immaginario cadrà in modo naturale, nel tempo. Quando ciò che è condiviso dal cuore è ricevuto nel cuore, il vero lavoro inizia, oltre la mente.
Avasa
E' normale che tale reazione sorga anche se c'è apertura ad una informazione nuova, in quanto è una minaccia a colui che abbiamo immaginato di essere per così tanto tempo. Ricorda che questa reazione è anch'essa un'azione della coscienza, impersonale, nessuno sta reagendo, è solo reazione che accade. In realtà colui che è immaginario non è sempre qui, non c'è per nulla se non come idea, di certo non come un oggetto che possa essere identificabile.
L'ego NON è una entità, è una attività. Nel sonno profondo non è per nulla presente, quando il gioco di te e di me si è dissolto nel sonno profondo siamo insieme come questo Uno. Qui l'Uno è visto fare esperienza del corpo, e colui che era immaginario viene svelato nella sulla illusorietà.
Se hai intuitivamente capito questo adesso quindi non c'è più nulla che debba essere fatto, l'impatto di questo troverà il suo corso, colui che è immaginario cadrà in modo naturale, nel tempo. Quando ciò che è condiviso dal cuore è ricevuto nel cuore, il vero lavoro inizia, oltre la mente.
Avasa
lunedì 16 luglio 2012
domenica 8 luglio 2012
Reclamare
Quando c'è il pensare ad un momento del passato o del futuro, come ad esempio fare piani o ricordare, c'è un concettualizzare. Tutta l'attenzione è sulle parole della storia che sorge in quanto mente. Se c'è interesse nella storia l'attenzione continua a dare energia ad essa e questo conduce alla sua continuazione nel tempo. L'attenzione viene spezzata o divisa dalla realtà percettiva verso una realtà concettuale, che - sebbene sembri piuttosto convincente- non è affatto vera, ma è solo un figmento della nostra immaginazione.
Da bambini piccoli questo non accadeva in quanto l'attenzione non era ingombrata dal concettualizzare, ma era solo conscia di quello che veniva percepito. Ciò che era perepito era ciò che stava apparendo, NON ciò che si immaginava che stesse apparendo. La mente del bambino infatti non concettualizza ma è presente a quello che appare come riflesso, è presente ai sensi, alla stanza in cui si trova, alla luna, alle espressioni della faccia della mamma e così via. Il bimbo non si attacca a un processo di pensiero.
In un certo senso il bambino è solo un essere di sensazione. Da adulti invece c'è una frazione di secondo tra cui l'attenzione che sta nella percezione e l'attenzione che di solito viene attratta dalle concettualizzazioni: c'è dunque solo un momento molto breve di tempo in cui si resta ad un livello di percezione prima che la divisione della mente accada. Come risultato di questo un adulto diventa un essere pensante.
Da adulti abbiamo questo momento percettivo, ma non siamo capaci di restare presenti ad esso prima di separarci di nuovo in una relazione tra soggetto e oggetto. Una frazione di seconda prima che questo accada siamo Uno con l'oggetto, infatti SIAMO l'oggetto e non c'è senso di separazione. La Coscienza e il suo oggetto sono sempre Uno e nel momento in cui questo è vero non c'è alcuna sensazione di essere un qualcuno o un qualcosa che stia guardando qualcosa o qualcuno. Il momento in cui l'attenzione, per abitudine, salta dall'essere CIO' CHE E' ad essere apparentemente due cose è come e quando l'ego sorge.
L'ego è un pensiero abituale che sorge a reclamare ciò che E' nel momento come risultato della sua stessa presenza. Il cosiddetto PENSATORE appare DOPO il pensiero di cui reclama di essere il produttore: in se stesso è dunque solo un altro pensiero che sorge - come tutti gli altri pensieri - da ciò testimonia l'apparizione di ogni pensare.
"Io vedo", " io penso", " io sento" sono tutte cose reclamate dopo che l'identificazione con l'oggetto visto è stata compiuta. Il fatto che il vedere, il pensare, il sentire siano accaduti è vero ma NON è un fatto che un qualcuno o un qualcosa che chiama se stesso "io" o "me" li abbia prodotti. Questo io o me sono un'idea, una credenza, un concetto, solo un altro pensiero che sorge.
Se l'attenzione è capace di restare presente a ciò che E', allora questo crearsi di una divisione dell'attenzione nella relazione soggetto-oggetto non accade e c'è l'Uno. In questo Uno c'è la Consapevolezza di essere ciò che si è in quel momento, sia l'Io che il l'oggetto sono Uno e quindi non c'è alcuna relazione soggetto-oggetto. Quando non c'è un separare qualcosa che è essenzialemnet una unica Coscienza, c'è Unità. L'Io è ciò che E', ciò che è E' Io.
Quando l'Io è da solo non ha mezzi attraverso cui essere consapevole di sè: questo è possibile solo quando l'Io stesso crea a partire da sè un oggetto di cui essere consapevole. Quando questo accade, c'è l'Uno con ciò che appare; se invece la divisione di ciò che è essenzialmente Uno allora si manifesta la relazione soggetto-oggetto e Io vive nell'apparente dualità, nell'apparente separazione.
Dato che il pensiero è un oggetto che appare DOPO che la divisione è accaduta e che il pensiero stesso è ciò che reclama di essere colui che ha fatto l'azione esso non può essere una reale identità ma solo una identificazione con ciò che è già apparso. Questa apparente entità non è quindi una entità, ma una attività, quella dell'identificazione con l'azione. L'ego quindi è una attività di cui la vera identità è il testimoniare stesso. L'ego in verità non è nè il produttore nè l'autore, come invece reclama di essere, di qualunque cosa accada, in quanto in se stesso è qualcosa che sottosta alla testimonianza. Dato che il testimoniare non sottosta a nulla, quando l'oggetto è rimosso dalla situazione il testimone deve dunque essere Nulla, Vuoto, Assenza, non legato alla relazione oggettiva o soggettiva. La nostra vera identità non si identifica con se stessa perché non ha bisogno di farlo in quanto essa è sempre nella Consapevolezza conscia di sè in quanto Nulla, che precede quell'apparizione che con sè porta il gioco dell'illusione di spazio e tempo.
La vera identità di TUTTE le cose E del Nulla è assenza. La vera presenza è assente di ogni "qualcosità".
Se ciò che è stato affermato è compreso intuittivamente sarà visto che è del tutto futile per l'ego, che è un identifircarsi con un oggetto già apparso, fare qualcosa per rimuovere la sua identifiazione con sè stesso come se fosse un qualcosa o un qualcuno perché nel cercare di farlo esso continuerebbe a ristabilirsi e rinforzarsi come autore delle cose. Ogni e ciascun metodo quindi per sradicare lo pseusdo sè (l'ego) al fine di rivelare il vero Sè non puo' raggiungere il proprio scopo, ma continuerà solo ad alimentare il concetto del me come soggetto di una realtà oggettiva e quindi produrrà una continuazione dell'apparente dualità e sofferenza.
Una volta che questo sia chiaro e ovvio accade un lasciare andare in cui nessuno è coinvolto.
Avasa
Post originale
Da bambini piccoli questo non accadeva in quanto l'attenzione non era ingombrata dal concettualizzare, ma era solo conscia di quello che veniva percepito. Ciò che era perepito era ciò che stava apparendo, NON ciò che si immaginava che stesse apparendo. La mente del bambino infatti non concettualizza ma è presente a quello che appare come riflesso, è presente ai sensi, alla stanza in cui si trova, alla luna, alle espressioni della faccia della mamma e così via. Il bimbo non si attacca a un processo di pensiero.
In un certo senso il bambino è solo un essere di sensazione. Da adulti invece c'è una frazione di secondo tra cui l'attenzione che sta nella percezione e l'attenzione che di solito viene attratta dalle concettualizzazioni: c'è dunque solo un momento molto breve di tempo in cui si resta ad un livello di percezione prima che la divisione della mente accada. Come risultato di questo un adulto diventa un essere pensante.
Da adulti abbiamo questo momento percettivo, ma non siamo capaci di restare presenti ad esso prima di separarci di nuovo in una relazione tra soggetto e oggetto. Una frazione di seconda prima che questo accada siamo Uno con l'oggetto, infatti SIAMO l'oggetto e non c'è senso di separazione. La Coscienza e il suo oggetto sono sempre Uno e nel momento in cui questo è vero non c'è alcuna sensazione di essere un qualcuno o un qualcosa che stia guardando qualcosa o qualcuno. Il momento in cui l'attenzione, per abitudine, salta dall'essere CIO' CHE E' ad essere apparentemente due cose è come e quando l'ego sorge.
L'ego è un pensiero abituale che sorge a reclamare ciò che E' nel momento come risultato della sua stessa presenza. Il cosiddetto PENSATORE appare DOPO il pensiero di cui reclama di essere il produttore: in se stesso è dunque solo un altro pensiero che sorge - come tutti gli altri pensieri - da ciò testimonia l'apparizione di ogni pensare.
"Io vedo", " io penso", " io sento" sono tutte cose reclamate dopo che l'identificazione con l'oggetto visto è stata compiuta. Il fatto che il vedere, il pensare, il sentire siano accaduti è vero ma NON è un fatto che un qualcuno o un qualcosa che chiama se stesso "io" o "me" li abbia prodotti. Questo io o me sono un'idea, una credenza, un concetto, solo un altro pensiero che sorge.
Se l'attenzione è capace di restare presente a ciò che E', allora questo crearsi di una divisione dell'attenzione nella relazione soggetto-oggetto non accade e c'è l'Uno. In questo Uno c'è la Consapevolezza di essere ciò che si è in quel momento, sia l'Io che il l'oggetto sono Uno e quindi non c'è alcuna relazione soggetto-oggetto. Quando non c'è un separare qualcosa che è essenzialemnet una unica Coscienza, c'è Unità. L'Io è ciò che E', ciò che è E' Io.
Quando l'Io è da solo non ha mezzi attraverso cui essere consapevole di sè: questo è possibile solo quando l'Io stesso crea a partire da sè un oggetto di cui essere consapevole. Quando questo accade, c'è l'Uno con ciò che appare; se invece la divisione di ciò che è essenzialmente Uno allora si manifesta la relazione soggetto-oggetto e Io vive nell'apparente dualità, nell'apparente separazione.
Dato che il pensiero è un oggetto che appare DOPO che la divisione è accaduta e che il pensiero stesso è ciò che reclama di essere colui che ha fatto l'azione esso non può essere una reale identità ma solo una identificazione con ciò che è già apparso. Questa apparente entità non è quindi una entità, ma una attività, quella dell'identificazione con l'azione. L'ego quindi è una attività di cui la vera identità è il testimoniare stesso. L'ego in verità non è nè il produttore nè l'autore, come invece reclama di essere, di qualunque cosa accada, in quanto in se stesso è qualcosa che sottosta alla testimonianza. Dato che il testimoniare non sottosta a nulla, quando l'oggetto è rimosso dalla situazione il testimone deve dunque essere Nulla, Vuoto, Assenza, non legato alla relazione oggettiva o soggettiva. La nostra vera identità non si identifica con se stessa perché non ha bisogno di farlo in quanto essa è sempre nella Consapevolezza conscia di sè in quanto Nulla, che precede quell'apparizione che con sè porta il gioco dell'illusione di spazio e tempo.
La vera identità di TUTTE le cose E del Nulla è assenza. La vera presenza è assente di ogni "qualcosità".
Se ciò che è stato affermato è compreso intuittivamente sarà visto che è del tutto futile per l'ego, che è un identifircarsi con un oggetto già apparso, fare qualcosa per rimuovere la sua identifiazione con sè stesso come se fosse un qualcosa o un qualcuno perché nel cercare di farlo esso continuerebbe a ristabilirsi e rinforzarsi come autore delle cose. Ogni e ciascun metodo quindi per sradicare lo pseusdo sè (l'ego) al fine di rivelare il vero Sè non puo' raggiungere il proprio scopo, ma continuerà solo ad alimentare il concetto del me come soggetto di una realtà oggettiva e quindi produrrà una continuazione dell'apparente dualità e sofferenza.
Una volta che questo sia chiaro e ovvio accade un lasciare andare in cui nessuno è coinvolto.
Avasa
Post originale
venerdì 6 luglio 2012
La paura e il conflitto della ricerca
Ho anche l'impressione che dovrei comprendere con precisione quello che mi succede ma da un'altra parte non accade questo. C'è imbarazzo e come un senso di impotenza quando parlo di me
In tutto questo l'intento mio è di essere e comunicare la verità di me, e non riesco fino in fondo.
Grazie.
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Certo che è normale che ci sia ricerca e allo stesso tempo paura. E' normalissimo che ci sia ricerca fino a che non c'è il riconoscimento di quello che sei.
Tu sei l'oceano ma ti immagini di essere solo una goccia che si deve ricongiungere con l'oceano. E quindi per quell'enorme massa d'acqua costringersi nell'idea di essere solo una goccia è molto doloroso: andrai costantemente alla ricerca di te stesso per uscire da quel senso di contrazione fortissimo che senti. Il punto è che il luogo da cui stai percependo tutta quella sofferenza è già del tutto libero, è già fuori da ogni contrazione. Tu sei GIA' l'oceano. Quando questo però non è del tutto chiaro l'oceano stesso si cerca come se fosse la goccia e lo fa in milioni di modi diversi: dietro quella spinta alla ricerca spirituale c'è questa sofferenza profonda. Se è possibile restare presenti a quella sofferenza, come sensazione allora non ti interesseranno più le strategie che la mente ti suggerisce per uscire da quella sofferenza.
Mettiamo che la mente suggerisca che tu debba esesre presente o che tu debba accettare il momento. Di fatto queste istruzioni che la mente dà sono solo delle parole che sorgono nella Coscienza, sono a sua volta solo mente spirituale. Non c'è nessuno che le possa seguire, perchè non esiste un te di separato, quindi non c'è nessuno che ad esempio possa essere presente o accettare le cose come stanno. Tutte le cose semplicemente sono come sono. In questo essere come sono sorgono pensieri con parole spirituali e tutta la scena è semplicemente osservata da IO, Vuota Consapevolezza.
Il senso di fretta o di urgenza che senti montare in te è solo quel fuoco spirituale che brucia perché l'oceano soffre all'idea di essere goccia. Semplicemente non è vero e quella realizzazione dopo essere intellettuale deve anche essere intuitiva ovvero quella sensazione che sta dietro la ricerca deve essere sentita in quanto tale e non più solo pensata o capita.
Ed è del tutto normale anche che ti sembri di impazzire. Quello che stai cogliendo è la follia della mente che cerca di fare quello che sta già accadendo. Quando questo avviene, il cogliere questo tentativo di realizzare qualcosa che è già in essere, allora ti accorgi che la mente è del tutto folle. E' come un passeggero di una nave da crociera che si immagina di essere il capitano e quindi si sforza impreca e urla e piange perché la nave non risponde al suo immaginario timone. Nessuna sorpresa che non lo faccia, come forma non sei il capitano della nave solo il passeggero!
In realtà la nave risponde ai tuoi comandi ma non a quelli di colui che pensi di essere. La nave risponde esattamente ai comandi dei vero capitano che è il Sè, ciò che sei veramente. Essa è in perfetta sintonia con il tuo vero essere: questo diventa molto chiaro quando cessa l'identificazione con l'idea di essere un personaggio separato: allora quella che sembra una creazione confusa e frammentata diventa di nuovo una apparizione unitaria e armonia anche nei suoi lati di luce e ombra.
Comunque sta sereno: la ricerca finirà per il fatto stesso che è iniziata. Tutte le cose che iniziano debbono finire. e quindi sta in campana: la ricerca finirà e quindi tu- per come pensi di essere- vedrai di non esistere e quindi attraverserai la paura della morte, ovvero la paura più profonda che si possa avere. Ecco la radice del tuo conflitto e paura: quello che desideri di più è anche quello che temi di più. E' del tutto normale che tu voglia vedere chi sei perché immaginarti di essere una goccia quando sei l'oceano è doloroso. Ed è anche del tutto normale avere paura: tutto quello che conosci di te sono i limitati confini di quella goccia e l'oceano sembra essere un immensa massa viva e oscura.
In realtà quando quell'immaginaria separazione si dissolve ti accorgi che quell'oceano è la cosa più familiare del mondo e quasi ti sembra impossibile che tu non l'abbia visto prima.
Sta tranquillo, non sei tu che devi comprendere tutto questo. Il comprendere accade da solo attraverso il dispiegarsi della Vita stessa. E' una comprensione intuitiva che è quindi sia intellettuale che intuitiva: in questo processo letteralmente diventi quello che hai compreso. Infatti nulla viene immagazzinato nella memoria, succede e basta. Queste parole non nascono da una memoria, sono parole viventi in un certo senso, sono condivise da una percezione diretta di quello di cui stanno parlando senza il filtro di un senso del me che le distorga, quindi parlano a qualcosa che sta dietro alla mente, al Sè. Sono parole del Sè per il Sè.
Il senso di impotenza che senti viene dal fatto che vedi che intuisci che come corpo -mente non hai la benché minima possibilità di scelta o volizione: vedi la direzione in un certo senso in cui la tua vita spirituale dovrebbe andare ma cogli anche il fatto che non ci puoi fare nulla per farla procedere in quel senso. In realtà tutto sta procedendo come dovrebbe e semplicemente là dove ti sembra che non sia così sono i luoghi in cui non hai ancora una visione chiara di ciò che sei. Quando il vedere è chiaro allora ti accorgi che tutto è perfetto così com'è.
Questo tuo intento è del tutto rispettato qui e dalla stessa sincerità da dove sorgono le tue parole sorgono anche queste parole che sono davvero del tutto tue.
Con amore,
Shakti
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shakti caterina maggi
La Realtà dell'Io e illusione del me
"Sono cosi sofferente, che proprio vorrei tanto che fosse tutto solamente un brutto sogno, una illusione e che non fosse vero.
Nel frattempo anche se mi do' i pizzicotti, vedo che sono sveglio e che la realta è proprio questa qui.
Se ad esempio ho coscienza di essere sotto una montagna e vedo che sta cadendomi una pietra in testa..... non riesco a dire.... va bhe.... non ha senso preoccuparmi tanto, esiste solo il momento presente e siccome la pietra non è ancora arrivata giù, posso stare tranquillo e felice.
Non sono capace di fare ragionamenti del tipo 4 mele+5 mele=1 mela.
Se mi dite qualche sistema concreto per poterlo fare, (come presumo fate voi altri), ditemelo ve ne sarò davvero molto grato.... mi piacerebbe tantissimo che fosse proprio come voi dite e che la vita come la conosciamo comunemente, sia falsa e illusoria".
___________________________________________
Ciao carissimo!
Non si tratta di autoconvincersi di stare tranquilli, ripetendo come un mantra "tutto andrà bene è solo un sogno!". Fare questo sarebbe solo una forma di inganno più sottile, sarebbe solo una specie di strana auto-ipnosi o manipolazione. Non esiste neppure una formula magica che ti posso dare o che chiunque ti possa dare, anche questa sarebbe solo un'altra manipolazione.
Se invece che ascoltare o leggere e basta queste parole - che sono una descrizione concettuale di una esperienza diretta - provi a vedere se queste parole combaciano con la tua esperienza allora c'è la possibilità di cogliere che in effetti tutto quello che viene scritto qui è in un certo senso già vero di te, ma quello che lo rendeva ingannevole era un presupposto sbagliato, un concetto di partenza sbagliato. Quel presupposto sbagliato è il senso di separazione e per coglierne l'illusione è fondamentale che tu torni alla tua esperienza diretta. Altrimenti queste parole sono del tutto inutili.
Quindi sii chiaro su cosa è reale nella tua esperienza e cosa non lo è. L'esperienza della vita, qualunque essa sia in questo momento, è reale nell'istante in cui ne fai esperienza. Nel momento in cui fai esperienza di questo istante esso è già svanito e quando lo rammenti esso esiste - di fatto- solo come memoria ovvero come concetto. Il momento è dunque reale e tu nel momento sei UNO con quello che c'è.
Guarda bene, là dove sei adesso, nelll'istante in cui leggi queste parole su uno schermo o su un pezzo d carta, nel momento preciso in cui le leggi esistono solo queste parole e tu sei UNO con ciò che leggi. E' solo successivamente che puoi dire che "tu" le hai lette o che "io" le ho scritte. Questo pensiero viene solo DOPO che le hai lette, è un pensiero succedaneo, basato sul senso di separazione. E' solo un pensiero, con cui per abitudine ci si identifica e finisce per filtrare la tua esperienza, facendoti credere che tu sia separato da quello che leggi, che quello che leggi sia stato scritto da qualcun altro se non te stesso etc.
Di fatto, nel momento (che è l'unica cosa che DAVVERO esiste in quanto futuro e passato esistono solo come concetti) quello che stai leggendo adesso appare nella tua Coscienza ed è uno con te.
Per dire che queste parole sono di Shakti lo puoi fare solo successivamnete e solo ricorrendo alla memoria, ovvero filtrando la tua esperienza attraverso un concetto.
Quindi l'illusione di cui parlo è quell'idea di separazione, quel pensiero abituale che ritorna e ti porta a filtrare la realtà attraverso di esso, distorcendola. Qyuando eri un bambino non facevi tutto questo: non passavi con rapidità dalla percezione delle cose al loro concetto, ma restavi nella percezione. Per abitudine attraverso il condizionamento hai invece iniziato ad imparare il "mio" e "tuo", a concettualizzare il tuo mondo. Quando eri un bambino guardavi una pietra ed eri quella pietra. Guardavi le tue mani giocare con la sabbia al mare ed esisteva solo quello, non c'era un pensiero del dopo o del prima o niente del genere.
In realtà è ancora così, solo che tutto quello che accade viene con rapidità filtrato dai concetti che abbiamo di quello di cui facciamo esperienza e quindi il senso di separazione e i suoi giochi ti fanno credere che davvero tu sia separato da quello che vedi, senti etc, ti fanno credere nelle storie (spesso negative) che la mente instaura e intesse riguardo al momento. La storia della mente accade, e con il fatto che tu Coscienza le creda finisci per vedere il mondo così come la mente te lo propone.
Ora la tua sofferenza è reale nel senso che la percepisci come una sensazione di forte contrazione e paura, mentre è illusoria in quanto storia di te che "soffri perchè"..." quella è la storia, ed è una illusione perché nel momento non esiste un "te" di separato a cui sta accadendo tutto questo, esiste solo quello che sta accadendo. Quando esiste solo quello che sta accadendo e tu non sei separato da esso c'è pace, persino quando le condizioni esterne potrebbero sembrare negative.
Non si tratta di vivere sotto una campana di cristallo - come se fosse possibile del resto- cercando di evitare situazioni negative o dolori o lutti. Essi fanno parte della Vita. La sofferenza che è possibile dissolvere è quella legata alle storie della mente, che non faceva parte della tua esperienza quando eri un bambino piccolo: è una ignoranza che hai appreso attraverso gli ordini e le regole o semplicemente l'ambiente in cui sei vissuto.
Alcuni di noi sono più sensibili e non si adattano bene al condizionamento del "me". L'ego non funziona bene per queste persone e diventano "disfunzionali". Finiscono dallo psichiatra o dallo psicologo perché il "me" con loro non funziona bene. Sebbene apparentemente possano sembrare più sfortunati di altri che sembrano invece convivere perfettamente con l'ego in realtà sono in un certo senso solo più sinceri. Si accorgono che quel modo di vivere o pensare non funziona e soffrono moltissimo. Non sono in grado di seppellire sotto un tappetto quella sofferenza. E' un dolore acuto, come quello di cui credo tu stia parlando.
Il modo di sciogliere quella sofferenza è attraverso una comprensione intuitiva che non può essere trasmessa da nessuno, anche se puo' essere condivisa: ci deve essere sia la capacità di capire che quello che stiamo soffrendo è una idea e allo stesso tempo la volontà di stare con quella sofferenza a livello di sensazione senza sfuggirla per quanto possa essere intensa. Non si tratta di mettersi volontariamente in situazioni di sofferenza ovviamente: ci pensa la Vita a darci l'opportunità di stare con quella sofferenza NON a livello concettuale, ma percettivo. Ovvero SENTIRE quella sofferenza, restando presenti ad essa.
Nel farlo quello che accade è vera meditazione, che non si tratta di stare a gambie incrociate recitando un mantra, ma solo restare presenti a quello che c'è. Se c'è sofferenza e non diamo attenzione alle storie della mente che ci suggeriscono le motivazioni per cui si sta sofferendo o delle strategie per non soffrire allora finiremo per sentire e basta quella sofferenza. La sentiremo ed essa sarà presente come sensazione non come concetto.
E' ovvio che non si puo' trasformare tutto questo in un metodo. Deve accadere. Fino a che cerchiamo delle strategie o delle vie di uscita persino stare con quella sensazione sarà solo un modo di scappare dalla sensazione stessa, e quindi di fatto ci staremo solo predendo in giro. In effetti stare presenti alla sofferenza solo come sensazione accade e basta, e accade quando la comprensione intuitiva di cui ti parlavo prima raggiunge un certo punto di maturità per così dire.
Quindi sii chiaro, nel momento c'è sofferenza. Ma prima di credere alla mente e alle sue storie sul perché di quella sofferenza guarda con attenzione: c'è un qualcuno che sta soffrendo oppure questo qualcuno che sta soffrendo è solo un concetto e quindi non è reale? La sofferenza come sensazione sembra essere reale, ma solo nel momento in cui la esperisci.
Se possibile resta presente ad essa. Nel farlo essa crescerà come un fuoco facendo pulizia su quello che non è più necessario. E' possibile che essa sia molto forte e quindi non subito sia possibile restare presenti. Non correre, magari all'inizio è possibile sentirla senza andare nelle storie della mente solo pochi istanti. Ma anche quei pochi istanti fanno miracoli: ti danno l'opportunità di vedere che non sei un uccellino in gabbia, che la gabbia è in effetti aperta e ciò che sei è la Coscienza Vuota che è presente ad una sensazione molto intensa che la mente chiama sofferenza.
Quella sensazione se affrontata come tale e non concettualizzata inizia a farsi strada attraverso di te e a sciogliere quel vecchio modi di pensare che ti ha ingabbiato o apparentemente ingabbiato nell'idea di essere un qualcuno. Un qualcuno che deve morire, che deve vivere la vita etc. Un qualcuno che soffre e che deve cercare di cambiare la porpria vita. Quel qualcuno è la fonte della sofferenza stessa e di fatto è solo un'idea.
Spero di aver fatto un pochino di chiarezza, se lo desideri scrivimi ancora e partiamo da qui.
Un caro saluto,
Shakti
Nel frattempo anche se mi do' i pizzicotti, vedo che sono sveglio e che la realta è proprio questa qui.
Se ad esempio ho coscienza di essere sotto una montagna e vedo che sta cadendomi una pietra in testa..... non riesco a dire.... va bhe.... non ha senso preoccuparmi tanto, esiste solo il momento presente e siccome la pietra non è ancora arrivata giù, posso stare tranquillo e felice.
Non sono capace di fare ragionamenti del tipo 4 mele+5 mele=1 mela.
Se mi dite qualche sistema concreto per poterlo fare, (come presumo fate voi altri), ditemelo ve ne sarò davvero molto grato.... mi piacerebbe tantissimo che fosse proprio come voi dite e che la vita come la conosciamo comunemente, sia falsa e illusoria".
___________________________________________
Ciao carissimo!
Non si tratta di autoconvincersi di stare tranquilli, ripetendo come un mantra "tutto andrà bene è solo un sogno!". Fare questo sarebbe solo una forma di inganno più sottile, sarebbe solo una specie di strana auto-ipnosi o manipolazione. Non esiste neppure una formula magica che ti posso dare o che chiunque ti possa dare, anche questa sarebbe solo un'altra manipolazione.
Se invece che ascoltare o leggere e basta queste parole - che sono una descrizione concettuale di una esperienza diretta - provi a vedere se queste parole combaciano con la tua esperienza allora c'è la possibilità di cogliere che in effetti tutto quello che viene scritto qui è in un certo senso già vero di te, ma quello che lo rendeva ingannevole era un presupposto sbagliato, un concetto di partenza sbagliato. Quel presupposto sbagliato è il senso di separazione e per coglierne l'illusione è fondamentale che tu torni alla tua esperienza diretta. Altrimenti queste parole sono del tutto inutili.
Quindi sii chiaro su cosa è reale nella tua esperienza e cosa non lo è. L'esperienza della vita, qualunque essa sia in questo momento, è reale nell'istante in cui ne fai esperienza. Nel momento in cui fai esperienza di questo istante esso è già svanito e quando lo rammenti esso esiste - di fatto- solo come memoria ovvero come concetto. Il momento è dunque reale e tu nel momento sei UNO con quello che c'è.
Guarda bene, là dove sei adesso, nelll'istante in cui leggi queste parole su uno schermo o su un pezzo d carta, nel momento preciso in cui le leggi esistono solo queste parole e tu sei UNO con ciò che leggi. E' solo successivamente che puoi dire che "tu" le hai lette o che "io" le ho scritte. Questo pensiero viene solo DOPO che le hai lette, è un pensiero succedaneo, basato sul senso di separazione. E' solo un pensiero, con cui per abitudine ci si identifica e finisce per filtrare la tua esperienza, facendoti credere che tu sia separato da quello che leggi, che quello che leggi sia stato scritto da qualcun altro se non te stesso etc.
Di fatto, nel momento (che è l'unica cosa che DAVVERO esiste in quanto futuro e passato esistono solo come concetti) quello che stai leggendo adesso appare nella tua Coscienza ed è uno con te.
Per dire che queste parole sono di Shakti lo puoi fare solo successivamnete e solo ricorrendo alla memoria, ovvero filtrando la tua esperienza attraverso un concetto.
Quindi l'illusione di cui parlo è quell'idea di separazione, quel pensiero abituale che ritorna e ti porta a filtrare la realtà attraverso di esso, distorcendola. Qyuando eri un bambino non facevi tutto questo: non passavi con rapidità dalla percezione delle cose al loro concetto, ma restavi nella percezione. Per abitudine attraverso il condizionamento hai invece iniziato ad imparare il "mio" e "tuo", a concettualizzare il tuo mondo. Quando eri un bambino guardavi una pietra ed eri quella pietra. Guardavi le tue mani giocare con la sabbia al mare ed esisteva solo quello, non c'era un pensiero del dopo o del prima o niente del genere.
In realtà è ancora così, solo che tutto quello che accade viene con rapidità filtrato dai concetti che abbiamo di quello di cui facciamo esperienza e quindi il senso di separazione e i suoi giochi ti fanno credere che davvero tu sia separato da quello che vedi, senti etc, ti fanno credere nelle storie (spesso negative) che la mente instaura e intesse riguardo al momento. La storia della mente accade, e con il fatto che tu Coscienza le creda finisci per vedere il mondo così come la mente te lo propone.
Ora la tua sofferenza è reale nel senso che la percepisci come una sensazione di forte contrazione e paura, mentre è illusoria in quanto storia di te che "soffri perchè"..." quella è la storia, ed è una illusione perché nel momento non esiste un "te" di separato a cui sta accadendo tutto questo, esiste solo quello che sta accadendo. Quando esiste solo quello che sta accadendo e tu non sei separato da esso c'è pace, persino quando le condizioni esterne potrebbero sembrare negative.
Non si tratta di vivere sotto una campana di cristallo - come se fosse possibile del resto- cercando di evitare situazioni negative o dolori o lutti. Essi fanno parte della Vita. La sofferenza che è possibile dissolvere è quella legata alle storie della mente, che non faceva parte della tua esperienza quando eri un bambino piccolo: è una ignoranza che hai appreso attraverso gli ordini e le regole o semplicemente l'ambiente in cui sei vissuto.
Alcuni di noi sono più sensibili e non si adattano bene al condizionamento del "me". L'ego non funziona bene per queste persone e diventano "disfunzionali". Finiscono dallo psichiatra o dallo psicologo perché il "me" con loro non funziona bene. Sebbene apparentemente possano sembrare più sfortunati di altri che sembrano invece convivere perfettamente con l'ego in realtà sono in un certo senso solo più sinceri. Si accorgono che quel modo di vivere o pensare non funziona e soffrono moltissimo. Non sono in grado di seppellire sotto un tappetto quella sofferenza. E' un dolore acuto, come quello di cui credo tu stia parlando.
Il modo di sciogliere quella sofferenza è attraverso una comprensione intuitiva che non può essere trasmessa da nessuno, anche se puo' essere condivisa: ci deve essere sia la capacità di capire che quello che stiamo soffrendo è una idea e allo stesso tempo la volontà di stare con quella sofferenza a livello di sensazione senza sfuggirla per quanto possa essere intensa. Non si tratta di mettersi volontariamente in situazioni di sofferenza ovviamente: ci pensa la Vita a darci l'opportunità di stare con quella sofferenza NON a livello concettuale, ma percettivo. Ovvero SENTIRE quella sofferenza, restando presenti ad essa.
Nel farlo quello che accade è vera meditazione, che non si tratta di stare a gambie incrociate recitando un mantra, ma solo restare presenti a quello che c'è. Se c'è sofferenza e non diamo attenzione alle storie della mente che ci suggeriscono le motivazioni per cui si sta sofferendo o delle strategie per non soffrire allora finiremo per sentire e basta quella sofferenza. La sentiremo ed essa sarà presente come sensazione non come concetto.
E' ovvio che non si puo' trasformare tutto questo in un metodo. Deve accadere. Fino a che cerchiamo delle strategie o delle vie di uscita persino stare con quella sensazione sarà solo un modo di scappare dalla sensazione stessa, e quindi di fatto ci staremo solo predendo in giro. In effetti stare presenti alla sofferenza solo come sensazione accade e basta, e accade quando la comprensione intuitiva di cui ti parlavo prima raggiunge un certo punto di maturità per così dire.
Quindi sii chiaro, nel momento c'è sofferenza. Ma prima di credere alla mente e alle sue storie sul perché di quella sofferenza guarda con attenzione: c'è un qualcuno che sta soffrendo oppure questo qualcuno che sta soffrendo è solo un concetto e quindi non è reale? La sofferenza come sensazione sembra essere reale, ma solo nel momento in cui la esperisci.
Se possibile resta presente ad essa. Nel farlo essa crescerà come un fuoco facendo pulizia su quello che non è più necessario. E' possibile che essa sia molto forte e quindi non subito sia possibile restare presenti. Non correre, magari all'inizio è possibile sentirla senza andare nelle storie della mente solo pochi istanti. Ma anche quei pochi istanti fanno miracoli: ti danno l'opportunità di vedere che non sei un uccellino in gabbia, che la gabbia è in effetti aperta e ciò che sei è la Coscienza Vuota che è presente ad una sensazione molto intensa che la mente chiama sofferenza.
Quella sensazione se affrontata come tale e non concettualizzata inizia a farsi strada attraverso di te e a sciogliere quel vecchio modi di pensare che ti ha ingabbiato o apparentemente ingabbiato nell'idea di essere un qualcuno. Un qualcuno che deve morire, che deve vivere la vita etc. Un qualcuno che soffre e che deve cercare di cambiare la porpria vita. Quel qualcuno è la fonte della sofferenza stessa e di fatto è solo un'idea.
Spero di aver fatto un pochino di chiarezza, se lo desideri scrivimi ancora e partiamo da qui.
Un caro saluto,
Shakti
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