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lunedì 26 marzo 2012

Seguire l'intuizione

Cos'è l'intuizione? Un pensiero deduttivo così rapido che non siamo capaci di vedere o piuttosto una saetta priva di un percorso logico deduttivo?
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Positivo e negativo, maschile e femminile sono i due modi in cui facciamo esperienza della manifestazione a partire dalla neutralità dell'Essere. Siamo così divenuti disconnessi dalla nostra intuizione che non sappiamo neppure cos'è: essa è la parte femminile della mente, che sa qualcosa senza sapere come. E' fatta di sensazioni, di emozioni, non ha una spiegazione logica, affonda le sue radici nell'illogica. L'intelletto è la sua controparte maschile ed è ciò che di solito viene coltivato e dettato come importante nell'educazione occidentale.

Non ci viene mai insegnato a seguire quello che sentiamo, ma quello che pensiamo che sia giusto in base al condizionamento che abbiamo ricevuto. Ecco che pian piano perdiamo quell'intelligenza intuitiva che avevamo nell'infanzia che ci permetteva di sapere le cose anche quando non ci venivano spiegate. I grandi fanno l'enorme errore di pensare che i bambini siano stupidi: solo perchè le loro capacità intellettuali non si sono ancora pienamente sviluppate non significa che non capiscano quello che accade. Anzi, il più delle volte era vero il contrario: l'intelligenza intuitiva da bambini ci permetteva di vedere con grande chiarezza certe dinamiche in cui gli adulti erano del tutto persi. C'era un momento nell'infanzia in cui tutto era chiaro, intero, fluiva libero di momento in momento. Eravamo ancora in contatto con la sorgente dell'Essere, eravamo in contatto con noi stessi, con il nostro vero Sè. Sapevamo senza sapere, fluivamo con quello che SENTIVAMO che era giusto e sentivamo un profondo senso di ingiustizia quando gli adulti ci davano le loro stupide regole tutte basate su concetti che non riuscivamo a comprendere. Non avevamo un concetto di Dio o di divino, perché eravamo in connessione constante con esso, senza neppure saperlo. Vivevamo in altre parole in modo spontaneo seguendo le nostre sensazioni e non le nostre idee e concettualizzazioni.

L'intuizione è infatti più sottile del pensiero, più vicina quindi al vuoto. Quando agisci quello che pensi sei più lontano da una azione spontanea che viene dal vuoto, dalla sorgente in modo diretto rispetto a quando segui quello che senti. Il problema del seguire quello che senti e dell'intuizione è che senza l'intelletto, il suo sposo, essa non può andare nel regno dei cieli. Un uomo senza una donna è perduto nelle sue idee, una donna senza un uomo è persa nelle sue sensazioni e emozioni. Non intendo uomo e donna a livello fisico, ma come femminile e maschile, come pensiero e sensazione che sono le due facce della mente.

L'intuizione sorge davvero come una saetta direattamente dal vuoto ed è raccolta dall'intelletto che la formula come pensiero che la esplica e la riporta all'intuzione che dà il suo sigillo di approvazione o meno. Altrimenti l'intelletto dovrà riformulare fino a che l'intuzione non sarà soddisfatta della conclusione a cui si è pervenuti. E' come quando abbiamo una sensazione, poi arriva una un'idea legata ad essa e l'idea viene poi "sentita"come corretta. Solo allora avviene una comprensione completa, ovvero una comprensione intuitiva. Solo allora c'è un "Ah! ho capito". Di solito invece o restiamo a livello mentale e non riusciamo più a trovare un contatto con il nostro femminile, con la nostra intuizione che ci guidi per vedere se quello che pensiamo è davvero giusto per noi, oppure restiamo invischiati nelle sensazioni senza un filo logico e coerente.

Ecco perché è importante dare ascolto alle proprie sensazioni, e allo stesso tempo restare distaccati anche da esse. Nello sviluppo armonico di intelletto E intuizione ritorneremo a quello stato di percezione diretta della realtà tipico dell'infanzia, ma questa volta grazie all'intelletto consciamente e quindi con saggezza.

Se senti che non sai cosa è la tua intuzione significa che non la stai ascoltando: guarda come il tuo corpo reagisce ad una idea o una situazione: se si contrae ti sta dicendo di non andare in quella direzione, se senti espansione significa che quella situazione è giusta per te. Quando ci sarà integrazione tra intuizione e intelletto non avrai più neppure bisogno di questo: vedrai l'azione dispiegarsi in modo spontaneo dal vuoto, senza motivo e allo stesso tempo ne conoscerai la ragione profonda che risiede nel vedere la scena da una percezione dell'Uno. Non agirai perché la mente ti dice che è giusto o perchè le tue emozioni ti indicano una strada, ma vedrai il corpo danzato dalla Danza del Divino in ogni momento, a fare la cosa giusta, nel posto giusto, al momento giusto. Cosa che era sempre già il caso.

Con amore,
Shakti

Puro pensiero

Tutti i pensieri che abbiamo sono automatici secondo te? Causati da un qualcosa, dipendenti cioé dall'esperienza, dalla memoria? Quello che mi chiedo è avulso dal concetto di io è possibile una libertà di pensiero ? Un pensiero cioé libero da motivazioni, la capacità di creare del nuovo senza fare riferimento al vecchio.
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Sii chiaro su un punto: non esiste un pensiero personale. Neanche uno, neanche quelli che apparentemente appartengono alla tua storia, alla storia di quel corpo-mente che chiami "te stesso". La mente dunque non è personale, ecco perché il Buddha la chiamava con la M maiuscola, perchè è la Mente Divina, che è "l'anticipatrice di ogni cosa"... in effetti potresti dire che tutta la manifestazione è l'espressione della Mente di Dio.

Il pensiero è di per sè un'azione, ovvero ha un inizio, una durata e una fine. Questa azione appare ed è registrata dalla Coscienza nell'istante in cui fa la sua comparsa, senza la benché minima nozione di come quel pensiero sia nato o dove porterà. Pensare è una attività dell'Essere stesso, non è frutto di un agire o di un autore. Sebbene possa non sembrare così è facile averne la prova: non sei tu che decidi quali pensieri avere prima che essi appaiano. Persino se tu decidessi di pensare qualcosa, quel pensiero sarebbe all'inizio apparso dal nulla. I pensieri appaiono da soli, non scegli che pensieri avere prima che essi facciano la loro comparsa. Se tu potessi sceglierli sceglieresti solo pensieri felici, mentre alcuni tormentano la mente come dei fantasmi che continuano a tornare come incubi. L'essere ricorrente di quei pensieri è dovuto al fatto che hanno al loro centro il senso del me, l'ego, sono pensieri che riguardano un personaggio immaginario chamato te stesso. Non sono pensieri puri, al centro di quei pensieri "psicologici" c'è il "me".

Anche l'ego è solo un pensiero impersonale. L'idea di essere il corpo o l'autore delle azioni dei pensieri e delle emozioni che passano è anch'essa solo una idea che appare nella Coscienza e con cui la Coscienza stessa si identifica. Quindi anche quando appare un pensiero che dice "io sono l'autore di quella sensazione o del pensiero che è appena apparso", ANCHE quel pensiero egoico è del tutto impersonale. Questo è un punto molto importante da cogliere: pensa quanto tempo passiamo a cercare di eliminare l'ego come se fosse qualcosa di nostro è invece è solo un pensiero con cui la Coscienza si è identificata!

Quel concetto porta con sè una sensazione di contrazione che se sentita nella sua totolità si brucia e non lascia niente al suo posto, solo uno spazio libero vuoto e consapevole, lo stesso che era presente alla sensazione di separazione, al concetto di ego. L'ego che si instaura nel corpo attraverso la ripetizione fin dall'infanzia genera nel suo ripertersi come una traccia energetica con cui la Consapevolezza si identifica. Il suo interrompersi è possibile attraverso l'essere semplicemente presenti ad essa senza credere alle storie che la mente ti propone come se fossero tue.

Quando il pensiero è libero dal concetto di ego, quando appare puro nel momento, quello che hai non è più una mente psicologica, ma una mente che è dotata di Intelligenza Divina. E' una mente che è grado di comprendere le cose con estrema facilità perchè non è più ottenebrata dal concetto di separazione. Anche qualora il concetto di separazione tornasse, in quanto pensiero abituale, sarebbe visto in quanto tale, come pensiero.

Una mente realmente creativa è una mente libera dal concetto di separazione, perché in quel caso l'energia creativa non è derubata nella sua forza da il pensiero del "me" che sussegue i pensieri come se fosse un parassita. Magari "hai una idea" ma subito dopo il concetto che sia tua fa sì che dal senso di separazione nasca e dia origine a dubbi e paure. Ecco dunque che la forza creatice di quell'idea è subito smorzata e resa meno efficace.

L'ego è il parassita che deruba il pensiero puro della sua forza manifestatrice, è l'ossessione con se stessi che provoca questo calo energetico che chiamamo "me". Quando invece un pensiero sorge e non è catturato dal "me" la sua forza manifestatrice è sorprendente. Più riposi e risiedi nel tuo Essere in quanto Io vuoto e impersonale e più i pensieri appaiono, sono lasciati andare e dopo breve tempo di solito si manifestano. Lo "scarto" o gap tra il pensare e il manifestare è proporzionale al senso di identificazione ancora presente: letteralmnete a volte le cose accadono come per magia, e in effetti lo fanno! Appaiono dallo stesso posto da dove sono sorti quei pensieri.

Non tutti i pensieri come desideri si manifestano: è possibile che un pensiero appaia e in un secondo momento sia scartato perché non perfettamente in linea con le caratteristiche del corpo mente. Ecco che allora anche dopo una serie di manifestazioni che si avvicinano a quello che davvero vorremmo abbiamo una versione più corretta e sempre più perfetta di quello che desideriamo nella nostra vita.

I pensieri inconsci tanto quanto consci sono quelli che si manifestano come ciò che chiami la tua realtà: se pensi di essere una persona in gamba, ma sotto sotto hai dei dubbi o dei sensi di colpa anche questi appariranno sulla scena e faranno parte del dipinto divino di quel momento che è sempre in divenire.

La libertà di pensiero dunque esiste, ma non per il "me" che in se stesso è solo a sua volta un pensiero. La libertà di pensiero esiste in quanto pensiero libero e puro che nasce dal vuoto e il suo potere creativo e trasformativo è quello che ci dona un senso di magia... proprio come nel'infanzia. Una mente pura e innocente VEDE il mondo, non lo concettualizza, non lo "ragiona". Lo vive, lo è.

Qualunque sia la tua storia, la storia che la mente ti racconta in questo momento c'è qualcosa di consolante nel vedere che anche essa è parte della Mente Divina e del dispiegarsi di un Piano che va al di là della comprensione dell'individuo. Nell'abbandonarsi a questa realizzazione sorge una gioia senza motivo, in cui tutto è perfetto così com'è persino il soffrire la storia della mente... nel sentire quella sofferenza se è possibile non continuare a identificarsi in essa ma vedere che è legata solo ad una storia essa si dissolverà da sola. In altre parole attraverso la semplice presenza, ogni pensiero psicologico si autocombustiona.

Tutto quello che resta allora è il momento, e il gioirne.
Shakti

venerdì 23 marzo 2012

Essere se stessi

"La mia interpretazione dell'accettare il momento così come è prevede il fatto che io non faccia assolutamente niente per cambiarlo. Questo si riflette nella mia vita in generale nel momento che mi sento spinta a non fare niente per cambiare la situazione alquanto disastrosa in cui mi trovo. C'è in me una convinzione che ciò che la vita mi ha portato debba servire proprio a farmi arrendere a ciò che è. Nello stesso tempo non posso sentirmi in pace perchè nell'apparente realtà normale il mio comportamento è anomalo. Invece di darmi da fare per risolvere in qualche modo le circostanze in cui mi trovo, me ne resto lì "tranquilla" ad aspettare. C'è confusione, non so se sto solo trovando scuse per non agire, mentre mi adagio in una sorta di "dolce far niente". Tutto ciò dura da ormai tre anni in cui forse sono stata anche depressa o forse lo sono ancora. Non ho mai capito cosa significhi veramente depressione. So solo che a volte anch'io ho pensato che l'unico modo per non vivere più certi momenti di angoscia fosse quello di morire."

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 Ciao cara.

Rassegnazione non è accettazione. Paura del cambiamento fino all'immobilismo non è accettazione.

Nell'accettazione non c'è conflitto: non ci si sente divisi tra il voler cambiare qualcosa e il non farlo, c'è un testimoniare il fatto che le cose stanno come stanno e non c'è nessuna resistenza a cambiarle quando non sono più in sintonia con il modo in cui la tua forma è più attratta. Il cambiamento avviene in modo del tutto naturale quando non c'è conflitto.

Fai un passo indietro.

Quando siamo bambini se siamo tristi piangiamo e se siamo felici ridiamo. Non c'è nessun conflitto a riguardo. Le cose sono semplici in un certo senso. I nostri sì sono sì e i nostri no sono no.

Pian piano attraverso il condizionamento veniamo pervertiti, per così dire. Veniamo condizionati attraverso meccanismi di paura-premio a fare quello che ci viene chiesto. Veniamo spinti con la paura del rifiuto e dell'esclusione a seguire quello che ci viene detto che è meglio per noi.

E nel farlo, piano piano, perdiamo il contatto con la nostra essenza. Quella vocina che ci dice sì e una sensazione di benessere si espande quando vogliamo fare qualcosa e quella stessa vocina che grida "NO!" e qualcosa si contrae quando non vogliamo fare qualcosa. Non la sentiamo più. E' divenuta soffocata dalle voci dl condizionamento.

Improvvisamente la vita non è più semplice, diventa molto complicata. Improvvisamente le cose non fluiscono attraverso un sì e un no che segue il ritmo del corpo. Abbiamo dubbi, incertezze, abbiamo paure e resistenze.

Questo accade perché abbiamo imparato che se siamo noi stessi perderemo l'amore che le persone intorno a noi ci danno. Non rientreremo più nei ranghi, non saremo più accettati. L'aver dimenticato quella gioia costante e incondizionata, quel senso di libertà senza confini della primissima infanzia ci ha transformati in essere robotici, guidati dalla paura. Ci viene insegnato che dobbiamo amare mamma e papà e che loro ci danno amore.

Un bambino non ha bisogno di essere amato, un bambino E' Amore. Ma lo dimentica, preso dal condizionamento che viene imposto sulla sua innocenza. Gli viene insegnato che sarà felice domani, quando sarà il suo compleanno, se farà il bravo. Gli verrà insegnato che potrà essere orgoglioso di sè solo quando avrà conseguito quello che ci si aspetta da lui. Non è sorprendente che da grandi finiamo per essere confusi. Direi invece che è piuttosto normale: abbiamo perduto contatto con quello che siamo, con quello che il corpo naturalmente preferisce.

Questo provoca una estrema sofferenza, che può persino portare ad una depressione: l'energia della forma è collassata perché non segue più il suo ritmo naturale. Siamo incastrati e improgionati e non sappiamo più neppure il perché.

Quindi hai ragione: la situazione è lì per mostrarti qualcosa. Ovvero che non sei dove vorresti essere ma c'è una resistenza al cambiamento. Di solito, se non sempre direi, la resistenza è causata da una paura. Paura di perdere qualcosa o qualcuno. Paura dell'ignoto, di non avere sicurezze.

Quello che è chiaro è che se la paura di cambiare (quale che sia la sua motivazione) è più forte della sofferenza causata dalla situazioni che non ci si addice la forma resterà nella situazione. Se invece quella sofferenza è divenuta intollerabile al punto da causare pensieri suicidi, allora un punto di crisi verrà raggiunto in cui un cambiamento avviene.

Se è possibile divenire consci della sofferenza e restare in contatto con essa a livello percettivo (senza aspettare che vada via domani o in qualche modo senza aspettare un prossimo momento in cui le cose cambieranno) allora quella sofferenza verrà finalmente accettata e nell'abbracciarla, nell'accoglierla, si dissolverà.

L'angoscia è presente perché non stai rispettando il tuo sentire e non lo stai facendo perché c'è paura di sentire paura. Quando è possibile sentire quella paura senza più nessuna scusa allora quell'energia che chiamiamo paura e che è la nostra stessa radianza contratta tornerà a irradiarsi e faremo di nuovo esperienza di gioia. Saremo di nuovo noi stessi.

Ti abbraccio e aspetto una tua risposta se ne senti necessità di altre parole.

Con amore,
Shakti

giovedì 22 marzo 2012

Vera meditazione e pace

Perché cerchi l'illuminazione e per chi? La mente rifiuta quello che appare e cerca nel prossimo momento redenzione e liberazione.

Chi ti offre qualunque metodo per vedere chi sei, per trovare pace, chi ti dice che devi camminare un cammino di mille miglia prima di cogliere che non c'è nessuno che sia mai stato imprigionato, è ancora p...erso egli stesso nell'illusione.

Prima di correre a meditare... prima di infilarti in qualunque tecnica, se c'è rifiuto, quella sarà una fuga. Non sarà vera meditazione. La mente basata sul concetto di ego trasforma tutto in un metodo, persino manipolando l'auto-indagine suggerita da Ramana. Chiedersi "chi sono io?" non è una tecnica da applicare per ottenere risultati nel futuro, ma una descrizione di quello che accade quando il risveglio accade. Cercare di fare questo è solo parte dell'ego spirituale che per sopravvivere a se stesso inizia persino a usare le parole dell'Advaita o di altre tradizioni come Ho-oponopono.

Dire "non c'è nessuno" e usarlo come scusante per le proprie reazioni egoiche assomiglia ad un bambino che tira una pietra in testa al suo compagno e poi fischietta facendo finta di nulla... Dire "mi dispiace ti amo" e non intenderlo nel tuo cuore è come mangiare un frutto troppo dolce e allappante, disgusta.

Quando DAVVERO nel silenzio del cuore vedi che non c'è nessuno, allora non c'è nessuno da perdonare, non c'è nessuno a cui chiedere scusa, nessuno persino da amare. O meglio c'è solo amare. Se non c'è un nemico, perché sei tu quel nemico con chi te la stai prendendo?

La mente spirituale torna e dice: ma tutto questo significa accettare passivamente ogni sopruso? Nemmeno. Significa che nella spontaneità del momento potresti rispondere ad una spinta con una spinta oppure con un sorriso, ma qualunque azione sarà presente sarà una RISPOSTA e non una reazione.

Distinguere le due cose è abbastanza facile: nel primo non hai una motivazione se non la sensazione di voler fare qualcosa perché è quello che sorge in quel momento, nel secondo caso ci sono giustificazioni, desiderio di vendetta, c'è nessun rancore che resta.

Il mondo ci sta riflettendo uno spettacolo di odio, violenza, sopruso in modo quotidiano. Siamo sull'orlo del collasso. E' la nostra chiamata, perché come razza umana siamo sull'orlo dell'autodistruzione. Quella chiamata è una occasione di vera meditazione, che è apertura al fatto che tutto quello che appare è noi stessi in manifestazione.

Nell'economia dell'Universo mondi nascono e muoiono, e nel bel giardino blu che scintilla nello spazio l'uomo è solo uno dei tanti animali della Terra. Però è un animale prezioso perché attraverso di esso il suo Creatore può essere conscio di sè. Ogni giorno bambini di ogni razza e religione vengono uccisi in nome di "verità". Sono figli della Terra, sono bambini miei, tuoi. Li uccidiamo in nomi di idee, di interessi, per paura. La Terra piange i suoi figli e si ribella.

Forse autodistruzione è il modo in cui la Coscienza cerca di porre rimedio a quello strano fenomeno che è l'uomo, l'unico animale che distrugge la sua stessa tana. Nessun topolino costruirebbe trappole per topi diceva Einstein. E non serve essere Einstein per capirlo. E' tempo di svegliarci a chi siamo, di affrontare il proprio dolore e rifiuto nel silenzio del cuore e vedere che siamo davvero una Unica Coscienza.

Se vuoi uccidere o fare del male a tuo fratello perchè non è in linea con la tua "verità" allora buttala via. Lui o lei contano di più di quel genere di verità. Lui o lei sono verità vivente, sono Coscienza incarnata.

Un saluto di pace a tutti voi,
con amore Shakti Caterina Maggi

martedì 20 marzo 2012

Depressione e accettazione




"Vorrei sapere perche per certe persone è cosi difficile superare la depressione
e ci cadono periodicamente, forse c'è questa idea di un me vittima
che può continuare a sopravvivere solo in uno stato negativo?"
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L'ego di per sè potresti dire che è uno stato "negativo". Il senso di separazione nasce da un rifiuto del momento presente, da una spaccatura tutta illusoria tra un immaginario "me" e il mondo.

L'identificazione con il pensiero del "me" produce un senso di sofferenza che in genere è colmato attraverso l'idea che "domani" sarà meglio, quando avrai una fidanzata, quando avrai una casa tua, quando avrai una promozione - o se sei un pochino più spirituale - quando avrai raggiunto l'illuminazione, che diventa davvero come diceva Osho l'ultimo incubo. La mente basata sul "me" cerca la gioia che è perduta a causa del sentirsi frammentati in un momento futuro che ovviamente non arriva mai. Il domani non arriva mai e quindi anche quella promessa di gioia, di stabilità, di permanenza non arriva.

Come potrebbe? La manifestazione è impermanente, è in continuo cambiamento e non può dare quell'eternità che cerchiamo in un rapporto sicuro, in un lavoro sicuro. Persino quando cerchiamo l'illuminazione la cerchiamo a partire da un rifiuto di questo momento: stiamo male, il mondo ci ha delusi e siamo andati "dentro" e cerchiamo una soluzione in un evento che immaginiamo accadrà a "noi" in futuro. E ovviamente non accadrà mai, quel tipo di illuminazione non accadrà mai, non esiste! Non esiste una illuminazione per il "me"!

Ecco allora che un profondo senso di delusione potrebbe arrivare. Una delusione che se non riesce a provocare il mondo materiale - che non le sue mancate aspettative ci ha deluso- penserà il mondo spirituale a provocare. "Depressione" è il modo in cui in genere descriviamo questo sentire la nostra energia del tutto collassata. La speranza di un domani migliore è venuta meno e non possiamo fare altro che confrontarci con quella sensazione negativa di rifiuto di questo momento, la sofferenza legata all'identificazione con il senso di separazione.

"Tu" hai perso. Le tue prospettive sono fallite, o peggio ancora (o meglio ancora a seconda dei punti di vista) hai avuto successo e il suo sapore non ha portato la promessa di pace che sembrava portare.

Il punto è che la vera pace che vai cercando non può arrivare nel tempo. Non puoi illuminarti "domani", anche quella è una idea. Il concetto stesso che "tu" possa raggiungere la pace o liberazione è una falsità: "tu" sei ciò che si pone come ostacolo, quindi come potresti mai risvegliarti?

Quando il senso di disperazione e frustrazione raggiunge un suo picco allora è possibile che un senso di pace e accettazione emergano. Ma è possibile solo se non c'è alcun interferire con quella frustrazione, cosa che di solito non accade assolutamente.
Di solito se stai male corri a meditare, o a fare qualunque altra cosa che ti sembra possa darti sollievo, che sia cibo, sesso, o qualunque altra strategia di fuga da questo momento. In altre parole quella frustrazione è combattuta dal "me" perchè se non lo fosse essa stessa raggiungerebbe un apice e poi sparirebbe.

L'unica cosa che tiene in piedi la sofferenza legata al senso di separazione è il fatto che c'è un combatterla, un cercare di superarla o in alcuni casi un compiacersi in negativo riguardo al fatto che le cose non sono andate come tu volevi.

Il "povero me" è riassunto in tutte quelle storie che pensi ti appartangano, le storie mentali che raccontano di come "non puoi essere felice perché"... se quel senso di frustrazione resta abbastanza a lungo perchè ci si identifica con esso allora il corpo fisico inizierà ad accusarne i sintomi. La biologia e la chimica del tuo corpo inizieranno a essere influenzati da quell'identificarsi con un rifiuto di questo momento e la "depressione" diventerà malattia fisica.

Il fatto è che non importa se le medicine sembrano darti un sollievo, esse non possono portare ad una soluzione vera di quel disagio perché la sua origine non è nel corpo, ma nella falsa identificazione con la mente. Ecco perché neppure la psicoterapia può veramente aiutare in modo definitivo: al massimo può portare ad un divenire consci di alcuni meccanismi e col tempo ad una accettazione di essi, ma resta radicata nel "me", nella mente. Ma non è mai completa quelll'accettazione, perché nasce dall'idea che quelle storie siano vere, che ti appartengano.

La vera guarigione sta nell'amore. L'amore è la vera e unica medicina. E amore è assenza di senso di separazione, l'amore esiste quando non c'è un altro da amare. L'amore esiste quando ogni cosa è lasciata essere così com'è, incluso l'eventuale desiderio di cambiarla. Amore, o meglio amare, è la capacità di vedere che tu sei sfondo in cui tutto avviene, il bene e il male, il successo e il fallimento e cogliere profondamente che nessuna di queste cose ti tocca davvero. Che tu non sei quello che pensavi di essere, non sei un essere separato e diviso, ma sei intero.

Chi soffre di depressione in modo cronico ha cronicizzato questo senso di separazione. Si sente profondamente sconnesso dalla sorgente, che è Amore. Non l'amore romantico o sentimentale che la mente suggerisce come panacea di alcuni mali, ma un amore che guarda e non giudica, che testimonia e non separa. Che non cerca nulla nel prossimo momento, ma lo accoglie così com'è. Che non lotta per avere qualcosa domani o non si auto compiange che le cose non siano come prospettate.

Non si può produrre l'amore. Il "me" non si può creare o non ci si può avvicinare. Ogni tentativo fallirebbe. E il motivo sta nel fatto che l'amore è sempre GIA' presente con quella consapevole presenza che testimonia ogni tentativo di arrivare alla pace, all'amore, alla liberazione.

La cosa migliore che ti potrebbe succedere sta già accadendo. Se non sei impegnato a goderti questo istante, ma ci stai lottando così tanto che ti senti depresso allora quel sentirti stanco, sfinito e depresso è la migliore medicina per il "me", che si sta letteralmente consumando - più o meno velocemente - in esso. In altre parole stai morendo, o meglio il senso di separazione sta morendo.

Magari ci sono anche dei pensieri suicidi: il "me" ama torturarsi con tali pensieri perché danno un senso di identità. In altre parole sono solo un altra storia della mente che questa volta recita "se muoio avrò pace". In realtà il messaggio è corretto, ma non è il corpo che deve morire, bensì il senso di separazione, l'idea di essere il corpo. Interpretiamo così quell'intuizione che nella morte ci sia pace perché pensiamo di essere il corpo, o qualcosa dentro il corpo. E invece non è così.

Se è possibile stare con quel senso di frustrazione e di rifiuto, se è possibile stare con quel fuoco, allora dalla depressione nascerà qualcosa di diverso. Nascerà una accettazione che le cose stanno come stanno. E stranamente in questa accettazione ti accorgi che nello stare come stanno c'è pace. Non c'è più una lotta continua di come dovrebbero essere.

Tu inizi a sentirti assente. Non ti ritrovi più. Se lasci che questo senso di spaesamento, questo non riconoscersi più scemi, allora ti accorgi che non tu non ci sei, ma c'è la Vita. E la Vita così com'è non mai terribile, persino se c'è malattia. Soffri l'idea di essere malato, non la malattia. Persino il dolore fisico si può accettare e percepire in modo molto diverso se c'è questa semplice testimonianza. C'è la Vita, ma non qualcuno che la vive.

Nell'infanzia era così. Ecco perchè anche nelle persone che nell'infanzia hanno vissuto situazioni di guerra c'è quasi una nostalgia di quei tempi. Non sono le condizioni esteriori che danno quella gioia, ma il fatto che da bambini il senso di separazione è assente o - quanto meno - molto ridotto. E quindi è possibile restare con quello che c'è, anche se è apparentemente negativo.

Se invece c'è un rifiuto di questo momento - al punto che dopo tanti tentativi di cambiarlo è insorta una depressione - sta già accadendo tutto quello che dovrebbe accadere. Il soffrire la depressione, il senso di separazione senza portarlo ad una altra storia mentale di come evitarlo darà la possibilità di SENTIRE quella sofferenza. Non di pensarla, ma di sentirla. E nel sentirla, nell'accoglierla nella percezione del momento, si dissolverà come neve al sole.
Con amore, Shakti

giovedì 15 marzo 2012

Ascoltare


"prima di arrendermi ti ripropongo la solita domanda. in realtà non affino la domanda, affino solo il percepirla. eccola.
Io Consapevolezza(regista) non sono consapevole di me attraverso tutte le telecamere. Guardo un film e mi riconosco, altre volte guardo un altro film e non mi riconosco. In quest’ ultimo caso può capitare che mi sento la telecamera piuttosto che il regista. Questo ultimo punto non lo capisco. Com’è possibile che un oggetto si crede soggetto? Che razza di inganno è"

Ciao cara.
Hai proprio in questo (inutile) gioco di domande e risposte tutto quello che accade è che cade la voglia di fare domande e si perde interesse nelle risposte, e nel farlo il nostro ascoltare diventa più sottile. Le parole diventano meno importanti e quello che ci cattura è l'energia che le nasconde, che sta dietro di esse. Le ascoltiamo come se diventassero dei suoni, come se fossero una canzone, come se stessimo leggendo una poesia. Non cerchiamo un senso in esse, un significato: sono come un vento che ci attraversa. Dove porta il vento? Da dove nasce? Da nessuna parte, sta solo accadendo. E se staimo in quell'accadere otrebbe succedere il miracolo: che ci accorgiamo che quel vento sta accadendo in noi, è il nostro canto, e noi siamo quel silenzio, quello spazio in cui accade. Vuosshhhhhhhhhh... il suono accade, per nessuno, nel Silenzio. Se possiamo ascoltare con la stessa non intenzionalità queste parole allora è possibile che esse ti indichino lo stesso Silenzio da cui sono sorte e in cui si dissolvono.

E' dal Silenzio che nasce la Vita. La tua apparente storia personale, il tuo apparente film. E' dal Silenzio che lo guardi, usando quel piccolo oblò che chiami te stessa. Se il Silenzio che è il regista della storia si crede un personaggio è a causa di una ipnosi cin cui quel Silenzio è caduto. Non è il personaggio che si crede un personaggio, ma è il Silenzio stesso che si è perso di vista. Non è quindi l'oggetto della storia che si è perso di vista, ma il Soggetto che non è mai coinvolto davvero e che si appassiona a tal punto nella storia stessa - nel bene e nel male - che non riconosce più di essere il testimone e il creatore della storia ma si pensa come una parte, come un frammento. Questa frammentarsi è doloroso ed è per questo che quando accade attorno ai tre anni inizia il cercarsi, da prima in pochi momenti e poi nell'età adulta in modo quasi costante. Perdiamo l'innocenza di questo vedere e iniziamo a soffrire, è il Silenzio stesso che si immagina perso, frammentato, separato. Sorge paura. La paura E' il senso di separazione.Ed è una illusione, perché questo non è mai vero è immaginato che sia così.

La ricerca all'inizio è nel mondo, negli eventi nelle relazioni. E poi diventa ricerca interiore a volte ed ecco che iniziano molte esperienze alcune anche molto energetiche e davvero pensi che ti stia accadendo qualcosa. Pensi di aver capito molte cose. Ti fai domende e trovi risposte. Senti che ti stai purificando dal tuo senso di separazione, senti davvero che il "tuo" ego sta diventanto sottile e che ti senti davvero Uno con il Tutto. Ecco quello è il momento più difficile, in un certo senso. Perchè davvero cogli una simmetria nelll'Universo che sembrava perduta e TU ti senti al centro. Ecco il momento più ingannevole. Perché se pensi che qualcosa ti stia accadendo, hai perso il punto.

Non sta accadendo nulla, in realtà. Semplicemente la Vita scorre, e tu non sei al centro di nulla, nemmeno di un processo di risveglio. Non c'è nulla da capire in realtà, nè da purificare. Certo, qualcosa sta accadendo. Ma qualcosa sta sempre accadendo e non a te! Sta solo accadendo. Tutto qua.

Queste parole non ti porteranno la pace che forse pensi ti possano portare. Sono solo un suono se pronunciate, o un segno se lette. Sono solo un'esperienza che il Silenzio stesso sta testimoniando, tutto qua. Non portano all'illuminazione, o niente. Non puoi arrivare a quel Silenzio attraverso le parole che sono un suono o un segno. E "tu" come ciò che pensi di essere, come corpo - mente, non sei in un certo senso diversa da quel suono o segno perchè come corpo-mente sei una esperienza. Una esperienza non porta al Silenzio, essa nasce da Silenzio, è testimoniata dal Silenzio e muore nel Silenzio. Una esperienza non porta da nessuna parte, come il vento. Possiamo goderne se possibile, o soffrirla.

Nell'ascoltarla e basta forse può accade di essere assorbiti in quell'ascolto... e lì non c'è più bisogno di parole tra noi, perche SIAMO lo stesso Essere. Tutto è UNO.

Shakti Caterina Maggi