ciao shakti, faccio sempre fatica a leggere tutti i discorsi, preferisco topolino,lo sai, mi sento stupida, soprattutto alla sera quando sono stanca, però volevo dirti che l'altra sera quando hai puntato il dito verso te stessa, ho colto qualcosa che mi è ritornato anche oggi, e mi scappa un po' da ridere su questo tipo di percezione, non ti so spiegare, è qualcosa di intimo, come se gli occhi fossero una telecamera, insomma non ci voglio pensare, un bacio, volevo solo dirtelo. non ho voglia di usare la mente per capire non c'e' piu niente da capire sopratutto la sera, vorrei leggere poesie d'amore, guardare corpi nudi bellissimi , paesaggi superbi e buona notte.....del resto cosi ho fatto !
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Ciao carissima,
mi ricordo anni fa, salendo nel'appartamento di un amico sannyasin che stava ristrutturando casa, restai catturata in mezzo alla gran polvere e riccioli di segatura dalla voce di Osho che usciva da un vecchio tape in uno stereo portatile da in un angolo in mezzo alla confusione. Diceva qualcosa che avrei davvero capito solo anni dopo, con quella sua voce suadente e ironica: "Non conoscere è la cosa più intima". Mi colpii talmente forte questa frase che la mia mente fece tilt, e scappai con una scusa dall'appartamento. Mi sembrava che parlasse una lingua a me sconosciuta eppure... La mente era stata bucata come da una freccia che ne aveva colpito il centro e si stava disintegrando senza rimedio. Non sapevo bene neppure perché stava accadendo, sapevo solo che stava succedendo. Se tu mi avessi chiesto cosa davvero significasse non te lo avrei saputo dire, però c'era un sorriso sul volto e una strana inquietudine. Non mi sono mai preoccupata di capire troppo, mi piaceva di più ascoltare quella strana inquietudine da innamorata ubriaca. E così ho fatto, o così è successo.
Non conoscere è la cosa più intima. Quello che sei non può essere conosciuto, mai. Sembra strano visto che tanti maestri, guide etc hanno scritto fiumi di parole, eppure è così. L'incontro ultimo con il Sè è davvero un incontro d'amore. Ed ad un incontro d'amore non ci vai studiando. Ci vai nervoso, eccitato, pieno di una attesa sconosciuta. La mente ha immaginato tante volte quel momento proiettando come un film le varie possibilità, ma in quell'ultimo istante prima dell'incontro va in tilt e fa scena muta, senti solo il cuore che batte fortissimo e il respiro che ti manca. Quello che hai pensato su come fare o cosa dire non conta più. Ti scordi di chi sei, figurati di quello che sai. Quell'incontro ultimo col Divino, con il tuo vero Sè è irresistibile e spaventoso per quella che pensi di essere tanto quanto la danza di una falena attorno ad una fiamma. Non puoi e non vuoi scappare ma sai che se ti avvicini ancora un po' di più sei spacciata. Se ti avvicini ancora un po' di piu', tu non esisti più.
Ecco così l'Amore. L'incontro con se stessi, con il nostro vero Sè. Non c'è nulla di più intimo e non richiede parole, o comprensioni. In quel reame le leggi della logica non valgono più, usarle è solo da codardi. Nell'incontro con il Sè quello che hai studiato o pensato di aver capito puo' essere buttato nel cesso. Non ti serve. La devi capire una carezza? Ecco perchè si parla di passare dal concettualizzare al percepire, perché il capire è ancora troppo poco intimo. E' ancora lontano da te.
In questo preciso momento tu sai di esistere. Se non guardi il corpo o la mente , cose che cambiano sempre e che quindi possono essere capite, tu comunque esisti. Come cosa in fondo non lo sai, il perchè esisti ti è ignoto. Ma il fatto che tu ci sia, che ci sia un Io sono è un fatto di cui nessuno ti deve convincere. E' autoconfermante, diciamo, ovvero lo sai da te, senza ulteriori spiegazioni. Il corpo sta cambiando, sta invecchiando, anche adesso, anche rispetto a cinque minuti fa. Cambia, è mutato e quindi è qualcosa che puoi capire. La mente è cambiata, in questo momento non è quella di prima. La biologia, la scienza studia i cambiamenti del corpo che rispondono alle loro misteriose leggi. La psicologia studia la mente e ne cerca i percorsi e le spiegazioni. Ma il Sè non è un territorio dove nè la scienza nè la psicologia hanno il loro regno. La religione ci ha provato, il misticismo ci si avvicina e ne porta il profumo, tanto quanto la musica, o la poesia. Ecco perché fai bene a leggere poesie d'amore perché in quella pausa da te stessa che hai nell'arte diventi un po' più intima con questo grande mistero che è l'Amore. Persino una risata si avvicina di più della logica a questo che sei: nella risata tu non ci sei. Quindi pratica pure poesia e risata, sono compagne migliori che libri di conoscenza e spiegazioni.
Non arriviamo a questo ultimo incontro con le nostre gambe. Ci arriviamo perché siamo presi, rapiti, portati via. L'attenzione un istante prima era sul mondo e sulle sue dinamiche e un istante dopo.... BUM! C'è un capire in cui capisci tutto e nulla, SEI, ma come cosa sei non lo saprai mai. Improvvisamente non sei nel corpo che è nel mondo, ma il mondo e il corpo sono in te. Ti sembra quasi di spiare la scena da una specie di piccola telecamera che hai in mezzo alle spalle. Il film della vita con le sue dinamiche va avanti e tu stai solo testimoniando il tutto. In quel momento SEI il Nulla che vede il Tutto. Non hai bisogno di caiprlo o di saperlo, lo sei.
In realtà questo è sempre vero. Se l'attenzione si volta indietro a quello che sta testimoniando la scena non c'è nessuno che la testimonia, c'è solo VEDERE. Eppure non ci sono dubbi che quel Vedere sei tu. E' Io.
Se vedi che l'attenzione viene rapita di tanto in tanto a questo spazio di non conoscere in cui c'è solo vedere, sta tranquilla, stai solo tornando a casa. Vuol dire che hai ascoltato così profondamente che sei andata al di là delle parole e non ne hai più bisogno. Stai diventando ciò che indicano queste parole, quindi che bisogno c'è di capirle? Potrebbero dire "ambarabà ciccì coccò" farebbe lo stesso. Sei presa, sei rapita, non ti puoi preparare a questo incontro.... non posso che augurarti di godeterla, se puoi.
Un bacio
Shakti
Pagine
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martedì 17 aprile 2012
sabato 7 aprile 2012
Essere veri, non perfetti
In questo periodo sono sorte in me sensazioni molto forti e sgradevoli da sentire. Ho notato che il giudizio negativo su queste emozioni, mi portava ad un senso di separazione molto doloroso. Mentre nel momento in cui non le vedo come un ostacolo, ma come una possibilità, inizio a godermi l'energia...a farci amicizia, ed è come se questa energia si trasformasse in qualcosa di piacevole da ascoltare. Dare il permesso a qualunque cosa di essere lì, la trasforma immediatamente in una benedizione. Hai niente da aggiungere?
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ciao !
Mica vorrai essere santo vero? La vera vita spirituale è un invito a essere veri, non a essere santi. Mettiamo che sorga rabbia, oppure invidia o gelosia... sensazioni non sempre gradevoli, ciò non di meno sono quello che accade nel momento.
Se sei in pace con quello che sorge in te in modo spontaneo, notando che non stai scegliendo di sentite quelle sensazioni ma esse sorgono in te, notarai anche che in ogni momento non puoi fare altro che essere te stesso. Ed essere te stesso è qualcosa che nessuno di noi sa come fare, nè ha bisogno di saperlo, infatti accade semplicemente da sè.
L'ego spirituale ti dice che devi essere perfetto e non devi provare certe emozioni. La vita invece non ha idea dei dettami delll'ego spirituale e semplicemente accade, portando con se sia il positivo che il negativo. Arriva un momento in cui questo continuo giudizio su come dovresti essere è davvero qualcosa di poco inteessante... si spegne perchè non ti interessa più cercare di essere è perfetto o semplicemente hai visto che non è possibile nonostante tutti i tuoi sforzi.
Non c'è un te che prova quelle emozioni, è la Vita stessa che lo fa. Se questo è vero - e lo è se controlli nel momento se sia tu o meno a far sorgere quel sentire - allora significa che è la Vita stessa che vuole che tu provi quelle cose. Magari non combaciano con la tua idea di spiritualità o di essere spirituali, ma chi sei tu per metterti a sindacare su quello che fa la Vita stessa?
Non è un discorso che porta ad una autogiustificazione egoica, semplicemente a constatre un dato di fatto: ad esempio non avresti dovuto reagire in modo aggressivo verso qualcuno, ma lo hai fatto. Il fatto stesso che sia accaduto è per così dire qualcosa di incontrovertibile. Non avrebbe potuto succedere altrimenti, e non avrebbe dovuto succedere altrimenti! Non viviamo in una bolla di sapone, separati e diversi dal resto dell'Universo: quella risposta aggressiva era necessaria in quel momento alla Vita e essa ha scelto la tua forma per eseguirla perché era lo strumento più perfetto in quel momento. QUESTA è accettazione, perchè se comprendi che non potevi essere diverso in quel momento comprendi anche che nessun'altra forma avrebbe potuto e che in effetti se l'intera cosa non fosse successa non avresti neppure potuto essere qui ora a domandarti se va bene o no che tu provi certe emozioni.
E' tutto perfetto, persino i nostri sbagli. I nostri errori, i nostri abbagli non sono affatto errori: sono le curve impreviste del vivere che portano ad una comprensione più completa del fatto che in effetti non c'è nulla da capire se non che tutto è una unica azione! Allora mio caro vuoi essere santo o essere vero? Del resto non hai scelta e questa è la tua maledizione e al contempo la tua più grande fortuna :-)
un abbraccio grande, Shakti
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ciao !
Mica vorrai essere santo vero? La vera vita spirituale è un invito a essere veri, non a essere santi. Mettiamo che sorga rabbia, oppure invidia o gelosia... sensazioni non sempre gradevoli, ciò non di meno sono quello che accade nel momento.
Se sei in pace con quello che sorge in te in modo spontaneo, notando che non stai scegliendo di sentite quelle sensazioni ma esse sorgono in te, notarai anche che in ogni momento non puoi fare altro che essere te stesso. Ed essere te stesso è qualcosa che nessuno di noi sa come fare, nè ha bisogno di saperlo, infatti accade semplicemente da sè.
L'ego spirituale ti dice che devi essere perfetto e non devi provare certe emozioni. La vita invece non ha idea dei dettami delll'ego spirituale e semplicemente accade, portando con se sia il positivo che il negativo. Arriva un momento in cui questo continuo giudizio su come dovresti essere è davvero qualcosa di poco inteessante... si spegne perchè non ti interessa più cercare di essere è perfetto o semplicemente hai visto che non è possibile nonostante tutti i tuoi sforzi.
Non c'è un te che prova quelle emozioni, è la Vita stessa che lo fa. Se questo è vero - e lo è se controlli nel momento se sia tu o meno a far sorgere quel sentire - allora significa che è la Vita stessa che vuole che tu provi quelle cose. Magari non combaciano con la tua idea di spiritualità o di essere spirituali, ma chi sei tu per metterti a sindacare su quello che fa la Vita stessa?
Non è un discorso che porta ad una autogiustificazione egoica, semplicemente a constatre un dato di fatto: ad esempio non avresti dovuto reagire in modo aggressivo verso qualcuno, ma lo hai fatto. Il fatto stesso che sia accaduto è per così dire qualcosa di incontrovertibile. Non avrebbe potuto succedere altrimenti, e non avrebbe dovuto succedere altrimenti! Non viviamo in una bolla di sapone, separati e diversi dal resto dell'Universo: quella risposta aggressiva era necessaria in quel momento alla Vita e essa ha scelto la tua forma per eseguirla perché era lo strumento più perfetto in quel momento. QUESTA è accettazione, perchè se comprendi che non potevi essere diverso in quel momento comprendi anche che nessun'altra forma avrebbe potuto e che in effetti se l'intera cosa non fosse successa non avresti neppure potuto essere qui ora a domandarti se va bene o no che tu provi certe emozioni.
E' tutto perfetto, persino i nostri sbagli. I nostri errori, i nostri abbagli non sono affatto errori: sono le curve impreviste del vivere che portano ad una comprensione più completa del fatto che in effetti non c'è nulla da capire se non che tutto è una unica azione! Allora mio caro vuoi essere santo o essere vero? Del resto non hai scelta e questa è la tua maledizione e al contempo la tua più grande fortuna :-)
un abbraccio grande, Shakti
La vita stessa è risveglio
Gentile Shakti, per molti anni ho letto molto sulla spiritualita', ero per cosi dire un "ricercatore"..poi visitando questo spazio, e dopo aver letto "io sono quello" di Nisargadatta, mi sono convinto, e guardandomi indietro ho visto che tutto cio' che facevo, tipo meditazioni, yoga ecc, erano solo sforzi inutili che difatti talvolta addirittura mi innervosivano.Il cercatore cerca se stesso. Ma allora quale dovrebbe essere il nostro giusto atteggiamento?
Grazie se mi vorra' rispondere.
Arriva un momento in cui l'interesse nella ricerca cade da solo e ci si trova come di nuovo solo a che fare con la nostra quotidineità, i nostri incontri giornalieri, la nostra famiglia o il nostro lavoro... sembra quasi che l'interesse nella ricerca sia del tutto sopito.
Non ci interessano più risveglio o illuminazione, magari abbiamo anche compreso intelletualmente a cosa si riferiscono e in qualche maniera sentiamo che non riusciamo ad applicarli del tutto nella nostra vita. Ecco che accade, per cosi dire, una rinuncia alla pratica, alle tecniche o ai metodi che sembravano promettere qualcosa: un risveglio, un cambiamento. Magari in parte la nostra vita è più pacifica, o almeno ci siamo pacificati in qualche modo con le nostre debolezze.
Ma la spinta a cercare sembra esaurita e potremmo persino quasi sentirci in colpa per questo, ma non possiamo fare altro che constatare che questo è il modo in cui stanno le cose. In realtà direi che questo è il vero inizio della nostra vita spirituale. Quando non siamo noi a voler condurre le redini del gioco, quando non siamo noi che vogliamo risvegliarci e portare la nostra comprensione ad un livello più alto, allora non resta semplicemente che il vivere quotidiano, con tutte le nostre idiosincrasie, apparenti difetti, omissioni, persino piccole o grandi ipocrisie.
C'è un detto molto bello: "All'inizio le montagne sono solo montagne. Poi le montagne non sono più solo montagne. Poi ci sono solo montagne".
Dopo che comprendiamo che quella che chiamiamo realtà non è altro che un gioco dello spirito deve venire un momento in cui caliamo questa comprensione nella nostra quotidianeità, e improvvisamente " le montagne sono solo montagne". A volte potrebbe essere un periodo quasi di confusione, come se gli interessi del passato fossero svaniti. Ma in realtà la comprensione viene incarnata nel vivere quotidiano, in cui non ci sono molte parole, è qualcosa di sottile che ci conduce a ESSERE quello che stavamo cercando... non ci interessa più capirlo, o concettualizzarlo, le parole vanno sullo sfondo e restiamo piuttosto incantati dal ronzare di un'ape su un fiore, la polvere che danza al sole o in gnere a tutti quei piccoli momenti della giornata in cui non c'è una storia di un "me" che si sta risvegliando o che sta attraversando qualche processo, ma c'è solo davvero la Vita che accade. Stiamo divetando in quei momenti quelllo che abbiamo compreso e nell'esserlo non abbiamo bisogno di ricordarcelo.
Se la ricerca accade non c'è nulla che possiamo fare per fermarla essa è espressione di una inqueitudine presente perchè non siamo connessi a livello percettivo con la nostra vera natura. Laddove gli sforzi del "me" che cerca cadono resta la Vita che ci conduce alla risposta in modo sottile, a volte anche con una frase letta casualmente in un libro o in una pagina su internet o semplicemente contemplando lo scorrere quotidiano dei giorni.
Questo risveglio non avviene attraverso uno sforzo cosciente del "me": è un invito che l'Esistenza stessa ci porge e in esso siamo letteralmente presi, anche qualora pensiamo che non ci interessi più o che ne abbiamo avuto abbastanza del circo spirituale e delle sue continue richieste di perfezionamento. Nell'accogliere quel disturbo sottile che permane in ogni nostra azione quotidiana senza più la forza di agirlo per cambiarlo quell'impulso di ricerca si spegne e quello che resta è la risposta, ovvero quello che eravamo da sempre, ma da sempre ignoravamo catturati da un processo di divenire qualocsa... persino divenire illuminati.
Non si tratta di fare nulla, o di fare il non fare nulla, nè di avere l'atteggiamento giusto... questa esperienza che si chiama vita non finisce con la vincita alla lotteria del risveglio, è qui solo per essere vissuta in tutta la sua preziosa precarietà. Capire questo significa a mio avviso davvero cogliere il senso del vivere, ovvero gioirne senza chiedere nulla, senza volerlo trasformare in qualcos'altro, di più sacro più prezioso. Lo spirito fatto carne è questo momento: tra il viverlo e il cercare di viverlo resta la differenza tra inferno e paradiso.
di nuovo, un augurio di una buona giornata
Shakti
Grazie se mi vorra' rispondere.
Arriva un momento in cui l'interesse nella ricerca cade da solo e ci si trova come di nuovo solo a che fare con la nostra quotidineità, i nostri incontri giornalieri, la nostra famiglia o il nostro lavoro... sembra quasi che l'interesse nella ricerca sia del tutto sopito.
Non ci interessano più risveglio o illuminazione, magari abbiamo anche compreso intelletualmente a cosa si riferiscono e in qualche maniera sentiamo che non riusciamo ad applicarli del tutto nella nostra vita. Ecco che accade, per cosi dire, una rinuncia alla pratica, alle tecniche o ai metodi che sembravano promettere qualcosa: un risveglio, un cambiamento. Magari in parte la nostra vita è più pacifica, o almeno ci siamo pacificati in qualche modo con le nostre debolezze.
Ma la spinta a cercare sembra esaurita e potremmo persino quasi sentirci in colpa per questo, ma non possiamo fare altro che constatare che questo è il modo in cui stanno le cose. In realtà direi che questo è il vero inizio della nostra vita spirituale. Quando non siamo noi a voler condurre le redini del gioco, quando non siamo noi che vogliamo risvegliarci e portare la nostra comprensione ad un livello più alto, allora non resta semplicemente che il vivere quotidiano, con tutte le nostre idiosincrasie, apparenti difetti, omissioni, persino piccole o grandi ipocrisie.
C'è un detto molto bello: "All'inizio le montagne sono solo montagne. Poi le montagne non sono più solo montagne. Poi ci sono solo montagne".
Dopo che comprendiamo che quella che chiamiamo realtà non è altro che un gioco dello spirito deve venire un momento in cui caliamo questa comprensione nella nostra quotidianeità, e improvvisamente " le montagne sono solo montagne". A volte potrebbe essere un periodo quasi di confusione, come se gli interessi del passato fossero svaniti. Ma in realtà la comprensione viene incarnata nel vivere quotidiano, in cui non ci sono molte parole, è qualcosa di sottile che ci conduce a ESSERE quello che stavamo cercando... non ci interessa più capirlo, o concettualizzarlo, le parole vanno sullo sfondo e restiamo piuttosto incantati dal ronzare di un'ape su un fiore, la polvere che danza al sole o in gnere a tutti quei piccoli momenti della giornata in cui non c'è una storia di un "me" che si sta risvegliando o che sta attraversando qualche processo, ma c'è solo davvero la Vita che accade. Stiamo divetando in quei momenti quelllo che abbiamo compreso e nell'esserlo non abbiamo bisogno di ricordarcelo.
Se la ricerca accade non c'è nulla che possiamo fare per fermarla essa è espressione di una inqueitudine presente perchè non siamo connessi a livello percettivo con la nostra vera natura. Laddove gli sforzi del "me" che cerca cadono resta la Vita che ci conduce alla risposta in modo sottile, a volte anche con una frase letta casualmente in un libro o in una pagina su internet o semplicemente contemplando lo scorrere quotidiano dei giorni.
Questo risveglio non avviene attraverso uno sforzo cosciente del "me": è un invito che l'Esistenza stessa ci porge e in esso siamo letteralmente presi, anche qualora pensiamo che non ci interessi più o che ne abbiamo avuto abbastanza del circo spirituale e delle sue continue richieste di perfezionamento. Nell'accogliere quel disturbo sottile che permane in ogni nostra azione quotidiana senza più la forza di agirlo per cambiarlo quell'impulso di ricerca si spegne e quello che resta è la risposta, ovvero quello che eravamo da sempre, ma da sempre ignoravamo catturati da un processo di divenire qualocsa... persino divenire illuminati.
Non si tratta di fare nulla, o di fare il non fare nulla, nè di avere l'atteggiamento giusto... questa esperienza che si chiama vita non finisce con la vincita alla lotteria del risveglio, è qui solo per essere vissuta in tutta la sua preziosa precarietà. Capire questo significa a mio avviso davvero cogliere il senso del vivere, ovvero gioirne senza chiedere nulla, senza volerlo trasformare in qualcos'altro, di più sacro più prezioso. Lo spirito fatto carne è questo momento: tra il viverlo e il cercare di viverlo resta la differenza tra inferno e paradiso.
di nuovo, un augurio di una buona giornata
Shakti
martedì 3 aprile 2012
Oltre il conflitto tra mente e cuore
Il conflitto è presente, assolutamente. Per cui tu dici non c'è accettazione, è chiaro. E' invece presente giudizio e senso di colpa per non riuscire a farla accadere. C'è sforzo. E' ancora forte il senso di un "me" che può e "deve" fare qualcosa e la frustrazione di non riuscirci. Il tuo ultimo post è stato illuminante. C'è proprio un conflitto tra ciò che sento e ciò che l'intelletto crede sia giusto fare ed un io che si schiera o da una parte o dall'altra. Estenuante, soprattutto se considero che non esiste nessun "io". Dunque tutto ciò sta semplicemente accadendo e c'è la realizzazione di questo. Qui è dove io mi trovo.
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Ciao cara,
Tu sei sempre e solo la testimone di ogni conflitto. Se cerchi di risolvere il conflitto dal conflitto crei solo altro conflitto e fai davvero uno sforzo inutile. Sii chiara su un punto: quello che soffri di un conflitto non e' mai la questione in se', la storia insomma, bensi' la sensazione che la storia porta con se'. In altre parole quello che senti come problema non e' il fatto di dover prendere una decisione o un'altra ma la sensazione che accompagna questa storia. La sensazione non ti piace, non vorresti che fosse presente e l'idea della mente e' che se scegli una delle due cose allora la sensazione andra' via. L'idea della mente e' che se scegli la strada giusta allora non sentirai piu' la sensazione. Il punto e' che non riesci a scegliere perche' non sei tu che scegli, lo scegliere accade. Quello che non permette al corpo di fluire liberamente verso una situazione che gli sia piu consona in modo naturale e' un conflitto che ha al suo centro l'idea che tu debba compiere quella scelta.
Non e' cosi': il corpo non si muove perche questo e' quello che accade, cosi' come accade anche il pensare che quando invece prenderai la decisione giusta non soffrirai piu'. Le cose non stanno esattamente in questi termini. La tua gioia non dipende - come ti dice la mente - da quello che fa il corpo, ma dal vedere con chiarezza dove sei rispetto a quello che sta accadendo. Ovvero in una posizione gia' di testimonianza della vita stessa, in cui quello che accade e' una espressione di quello che sei e del modo in cui conosci te stessa.
Se credi che prima deve succedere qualcosa perche' tu possa essere nella gioia allora aspetterai per sempre: la gioia sta nel non sentirsi separati dagli eventi e dal vedere che tu NON sei quel personaggio che le storie della mente ti dicono di essere. Se e' possibile per te cogliere che in questo momento stai solo guardando l'appaente dilemma dell'ego allora qualcosa si rilassa. Non sei TU che devi fare una scelta, pero l'idea di dover far una scelta per risolvere la sensazione di conflitto ti impedisce di restare semplicemente presente al conflitto in quanto sensazione. Se tu potessi mettere da parte lo scenario della mente che promette gioia se compi una scelta che non sei in grado di fare allora saresti solo presente alla sensazione. Nel farlo essa diventerebbe uno con te, sarebbe assorbita dalla Consapevolezzastessa.
Fino a che non vuoi che la sensazione sia presente, fino a che cerchi di esorcizzarla attravero l'idea che facendo delle scelte non la sentiresti, allora essa continuera' a essere presente. Quando invece la sensazione e' solo presente e si dissolve nella Presenza, quando insomma mediti la sensazione stessa senza desiderio di cambiarla o di mandarla via, allora il corpo stesso si muovera' in una situazione che gli e' piu consona. Ti troverai a fare delle scelte senza sapere neppure come. Insomma accadra' da se'.
Ti sembra che ci sia un conflitto fra mente e cuore, tra intelletto e intuizione per che' stai cercando di risolvere un problema che nasce da una sensazione (e quindi e' territorio del cuore) con un ragionamento mentale, non funziona. Se cerchi di sentire le idee e pensare le sensazioni non funziona. Permettiti se possibile di sentire il conflitto senza pensarlo e ti accorgerai che la mente stessa arrivera' ad una conclusione adatta alla tua forma oppure il corpo stesso si muovera' verso quella direzione senza molto pensare. La mente libera dal dover pensare la sensazione fara' quello che e' creata per fare ovvero essere il servo ubbidiente e non piu cercare di essere il padrone. Il cuore accoglie nel sentire, lascia se possibile che quella sensazione che senti conflittuale sia sentita. Non hai bisogno di capire cosa sia, il perche' arrivera da solo una volta che si ristabilisce un contatto conscio con il tuo essere sorgente.
Un abbraccio
Shakti
L'azione del momento presente
Quale la differenza tra qualcuno che compie l'azione e la coscienza che compie l'azione?
Ogni azione e' compiuta dalla Coscienza, anche quando sembra personale. Il fatto che sembri personale e' perche' c'e' un immaginare quello che sta accadendo invece che un semplice testimoniare, percepire quello che sta accadendo.
La mente basata sull'ego ti dice che sei un qualcuno che sta facendo qualcosa, o che ha fatto qualcosa. Ha una storia su quello che sta accadendo, con eventuali emozioni che questa storia comporta, ad esempio senso di colpa, o accuse, o rimpianti. Quello che accade davvero non e' mai quello che la mente sta raccontando a partire dal fatto che ci sia un qualcuno che sta agendo quell'azione. Il "me" nasce sempre e solo dopo che l'azione e' avvenuta: nel momento esiste solo l' azione, il pensare, il sentire. Accade rabbia, accade una decisione, accade un pensiero. Accade anche il pensare che queste cose siano di qualcuno. Il "qualcuno" avviene sempre e solo DOPO che l'azione in se' e' successa, mentre nel momento, nella percezione del momento c'e' solo azione. Non notiamo questa cosa perche' l 'attenzione di sposta con grande rapidita' dal percepire la realta' a concettualizzarla. Il movimento e' cosi' rapido che e' inconscio. Quando accadono eventi come ad esempio un incidente d'auto, o un qualunque cosa per cui la mente non ha una specifica impronta o non una ha una specifica preparazione, allora questo passaggio tra il percepire e il concentuallizare e' ritardato.
Ecco che il tempo si ferma, e siamo Uno con la scena che stiamo osservando. Notiamo anche un'assenza di paura, testimoniamo le emozioni o le sensazioni che potrebbbero essere presenti. Non c'e' storia, esiste solo il susseguersi delle azioni non nel tempo ma come cambiamento di immagini che accadono sempre nello stesso momento. Di solito questo percepire finisce e torna il "me" con la sua storia di un qualcuno che sta facendo qualcosa o a cui sono accadute delle cose, ma quello spazio di assenza di separazione lascia una impronta profondissima che piu tardi in genere si trasforma in una ricerca spirituale conscia.
Nel momento in cui la mente era sotto shock non poteva infatti mettere in moto il "me" e dunque tutto quello che restava era il percepire, lo stesso che accadeva nell'infanzia in cui nel momento eterno accadevano cose senza il peso dei legami del tempo, del vissuto, della storia del "me". L'assenza di paura deriva dal fatto che non essendoci il pensiero del me, non essendoci dunque senso di separazione, non esisteva paura.
Ora, non ci devono per forza essere eventi scioccanti perche si possa apassare da un concettualizzare la realta' a un percepire in modo cosciente il fatto che non ci sia nessuno che sta vivendo quel momento se non Vita stessa. Non dobbiamo attendere nessun ammontare di tempo per vedere chi siamo e il fatto che tutto e' solo un movimento della coscienza. Ogni istante puo' essere quello giusto, ogni momento e' una opportunita' per vedere chi sei: in ogni momento accade qualcosa di cui sei testimone. Non importa cosa sia, un pensiero, una azione, una senzazione. Qualunque sia l'oggetto della coscienza di quel momento tu ne sei il testimone. E sei anche testimone dell'idea che tu sia un qualcuno che ha compiuto quelle azioni oil soggetto di quei pensieri e sensazioni. Tale idea, che e' il concetto di ego, e' anche essa un qualcosa di cui sei testimone. Facci caso, non testimoni mai nel tempo, ma solo nel momento.
L'atto stesso di testimoniare accade sempre nel momento presente. Il concetto che siano passati dieci minuti o un quarto d' ora accade nel momento presente. Il testimoniare avviene gia' e sempre fuori dal concetto di spazio tempo ed e' equidistante da qualunque sia la qualita' dell azione che sta testimoniando. In altre parole il testimone e' sempre e gia' neutro ed e' sempre e gia' disponibile. Ecco perche' non e' possibile raggiungere lo stato di testimonianza costante attraverso alcuna pratica meditativa o tecnica, in quanto questo testimone e' sempre e gia' presente. Semplicemente e' ignorato perche' l'attenzione stessa va su quello che e' visto invece che sul fatto che tu sei cio' che lo sta testimoniando. E se cerchi di descrivere cio' che sta testimoniando qualunque cosa, incluse queste parole, non troverai mai nulla. Perche' il testimone di queste parole, che senza dubbio sei tu, non ha alcuna descrizione, e' appunto Nulla, Vuoto. E' Vuota Consapevolezza. Nel momento in cui testimoni consciamente i pensieri e le azioni e le emozioni tu SEI quello che testimoni.
L'unica descrizione che potresti dunque dare di te e' che sei tutto quello che appare e al contempo cio' che ne testimonia l'insorgere e il dissolversi. Nel momento prsente allora l'apparente paradosso del vuoto che e' forma e della forma che e' vuoto e' risolto: non perche' lo si e' capito (sarebbe impossibile) ma perche' lo si incarna. Lo si e'. quando questo messaggio e' condiviso non e' insegnato perche' non c'e' nulla da capire. E' solo una descrizione di un percepire che e' visto come vero di tutte le forme, ma non sempre riconosciuto. Non e' qualcosa di complicato e proprio per questo la mente non lo accetta.
La mente basata sul me vuole fa qualcosa per arrivare a vedere chi siamo e snobba per cosi dire l evidenza dei fatti. Cerca guide e insegnanti che traccino un cammino per ter continuare a dire che c'e' qualcosa da fare o da ottenere. Mantiene il senso del tempo, l'illusione della separazione e attraverso il meccanismo della speranza mantiene anche la paura del fallimento. Sposta l attenzione dal momento presente all'istante in cui in futuro ti illuminerai. E queso istante non accadra' mai per il semplice fato che sta gia' sempre accadendo.
Shakti Caterina Maggi