"Il mio primo discepolo era così debole che è stato ucciso dagli esercizi.
il secondo è diventato matto perchè metteva troppa energia nella pratica della meditazione.
il terzo è diventato completamente ebete a causa della contemplazione.
il quarto è ancora del tutto normale".
"Come mai?"
"Si è sempre rifiutato di fare gli esercizi"
Taisen Deshimaru
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La mente oscilla sempre tra fare e non fare, non conosce mai il rilassamento, perché è sempre tesa a fare qualcosa. Anche “fare” il non fare... Ecco che allora il circo spirituale si riempie di “trovatori”, di ricercatori che sono impegnati a "non cercare" o a credere di aver trovato qualcosa. Come se fosse possibile trovare il Nulla! In un mondo che cambia continuamente solo il Nulla non cambia mai quindi è sempre vero, quindi è Verità. E per definizione come si potrebbe trovare il Nulla? E chi potrebbe trovarlo, anche se lo facesse egli resterebbe di mezzo e quindi non potrebbe essere davvero colto :-).
Ecco il grande dilemma del ricercatore, che si trova nella situazione paradossale di non poter smettere di cercare anche quando a livello concettuale è chiaro che essa sia inutile. Non si puo’ smettere di cercare fino a che la ricerca non si è esaurita, ovvero fino a che non si riposa come quel “non fare”, come e in quanto quel Nulla, non a livello concettuale, ma perché è riconosciuto intuitivamente che quel Nulla è il nostro vero Io. “Io” è SEMPRE presente al dispiegarsi di qualunque attività mentale, sensazione o azione fisica, inclusa quell’attività che chiamiamo ricerca spirituale.
Quando la ricerca finisce non lo fa per atto da parte del ricercatore spirituale, ma perché quel Nulla stesso coglie se stesso in modo diretto, si percepisce direttamente come ciò che veniva cercato nel mondo delle forme. In quel momento si vede che non si era ciò che si pensava di essere, non si era un ricercatore di Verità, ma una Verità alla ricerca di se stessa, anche se persa nel gioco di credere di essere un ricercatore.
Anche qualora questa ricerca non sia conscia (ovvero non ci sia una ricerca conscia di Verità) essa accade comunque: si cerca quella permanenza, quella pace in ogni cosa, alcuni la cercano nel lavoro, altri nell’amore emozionale o nelle relazioni, altri in sostanze e droghe. Quella ricerca è inevitabile laddove la Verità stessa abbia perso il contatto con se stessa e si sia vista come quella permanenza che sta dietro ogni cosa.
Quindi se ti è chiaro che “non fare” è la via, non potrai comunque percorrerla, ma la ricerca potrebbe passare da essere a un livello concettuale ad un livello percettivo. Ovvero, nel vedere che non puoi fare niente per trovarti sorgerà una frustrazione, la quale porterà il ricercatore stesso a bruciarsi in quella fiamma spirituale. Più si vedrà che niente può essere fatto e più quella fiamma sarà ardente.
Di solito però in questi frangenti potrebbe sorgere accanto alla frustrazione un profondo senso di depressione perché tutta l’energia una volta indirizzata alla ricerca sarebbe a quel punto disponibile per consumare il senso stesso del cercare e un profondo senso di impotenza e inutilità verranno.
Se queste sensazioni possono essere esperite senza essere rifiutate e senza andare in una nuova storia mentale, allora il ricercatore stesso morirà, il senso di separazione si arrenderà non fatalisticamente ma a dispetto di se stesso in un lasciare andare che non è dell’individuo, ma accade per virtù della Vita stessa.
Quella resa finale non è compiuta da qualcuno: accade quando c’è maturità ovvero quando ogni strada è stata vista come inutile e non c’è più neppure resistenza a sentire quella frustrazione.
Quando quella resa avviene essa accade e ci pensa la Vita stessa a renderla possibile, attraverso il semplice dispiegarsi della Vita.
Non resta dunque che godersi – se possibile – il momento, inclusa la ricerca.
Shakti Caterina Maggi
Chissà perchè queste parole mi dicono qualcosa...:)
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