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martedì 29 marzo 2011

Dio in ogni cosa

"Se non riesci a veder Dio in ogni cosa, non puoi vedere Dio affatto"

..già bello..ma perchè dovremmo proprio vederlo..forse ci è dato solo di sfiorarlo consapevolmente anche..ma la costanza che è il legame identico al sè forse non è dono nemmeno del qui e ora ..l'eternità non ci appartiene cmq qui!.. forse..



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Quando non vedi Dio in ogni cosa lo cerchi. Non puoi fare altro perchè ciò che si cerca attraverso di te è Dio. Non sei un piccolo ammasso di pelle e carne e ossa disperso su una palla di fango e acqua che rotea nell'Universo... sei Dio incarnato, ma addormentato al fatto di esserlo. E quindi soffri. Hai perso il tuo regno, hai perso il tuo paradiso. E nell'istante in cui lo perdi... inizi a cercarlo... nelle relazioni, nel lavoro, oppure nella spiritualità, nell' " illuminazione".



Non puoi evitare di cercare fino a che c'è ignoranza perchè fino a che c'è ignoranza c'è sofferenza. Il Divino cerca se stesso fino a che non si trova... a volte quella ricerca finisce solo poco prima della morte del corpo. Ma tu amore mio, se sei qui a porre queste domande è perchè qualcosa si è esaurito in te... non cerchi più nel mondo. Forse cerchi in te stessa, ma lì trovi un mistero insondabile, trovi l'abisso del tuo Essere. E il "me" si sente perso in quell'abisso, si sente disperato, o "depresso". Tuffati in quel buco nero, in quel vuoto e quando sarai sparita del tutto ti ritroverai in ogni piccola cosa. Nella pianta del tuo terrazzo, nella polvere che scintilla al sole, nello sguardo di ogni uomo o donna che sia perso o risvegliato vedrai te stessa, vedrai Dio.



L'eternità come tu dici è qui e ora, perché esiste solo il qui e ora, esiste solo questo! Na non è meraviglioso? Non devi cercare nulla nel prossimo momento, puoi, se accade, rillassarti lì dove sei. E se non accade questo rilassamento, questo sprofondare nel qui e ora... accade ricerca e allora goditi la ricerca... qualcosa sullo sfondo sta lì seduto e sorride e ride di tutti gli affanni. In realtà NON C'E' NULLA DA TROVARE, in realtà non esiste una verità che puoi conquistare o un "dio" che devi raggiungere... è questa idea che è la fonte della sofferenza. Proprio questa idea: che tu non sia GIA' questo.

un abbraccio a te...

shakti

domenica 20 marzo 2011

IO SONO prima di qualunque esperienza

Ciò che è apparso di recente sono molte mail e varie altre cose su Internet riguardo ciò che si pensa sia il messaggio Advaita. E 'tuttavia molto chiaro che queste argomentazioni NON vengono dal VEDERE ciò che il messaggio advaita è davvero ma ciò che è PENSATO che sia; il che sono due cose completamente diverse.

Ci sono molti sostengono di sapere e capire, ma poi sono anche in disaccordo con coloro che sono chiaramente in questo VEDERE. Stanno intrattenendo un aspetto concettuale del messaggio e immaginano invece di averlo ottenuto. Ho letto uno scambio a tre che Tony Parsons ha avuto con altre due persone sul sito di Paula Marvelly, (http://advaitaacademy.org/Pages/articlesandtalks.aspx?CategoryId=22where) lo stavano criticando per quello che era stato espresso nel suo libro. Qualunque cosa Tony dicesse è stata accolta con "Sì, ma" ed una montagna di concetti riguardo "un LIVELLO ULTIMO O ASSOLUTO".



Questo E' il livello ultimo, c'è solo SOLO un livello e NON è un livello, è solo QUESTO. Questo è tutto ciò che c'è.

Ho visto polemiche senza fine contro coloro che condividono questo messaggio da parte di persone che NON sono nel VEDERE di tutto questo. Queste argomentazioni nascono da un fraintendimento di ciò che viene condiviso.

Di nuovo ieri ho visto alcune persone malinterpretare quello che Shakti ha scritto su Facebook e sul suo blog e discutere ribattendo con ciò che era stato scritto e anche con qualcosa condiviso da me e di nuovo questo "SI MA" e il "LIVELLO ULTIMO".



E' perfettamente normale e naturale approcciare l'argomento dell'Advaita attraverso dei mezzi concettuali MA (un GROSSO ma) non immaginate che sarà mai capito perché non lo sarà, non si può. Non si può mai diventare un esperto di questo messaggio e da parte di coloro che sono nel vedere di questo non c'è alcuna pretesa di possedere qualcosa che nasca da un'accumulazione di un'esperienza nel tempo. La COMPRENSIONE appartiene al tempo lineare e il messaggio advaita sorge dall'Eterno, non dal tempo, non dall'infinito. L'eternità e l'infinito NON sono la stessa cosa. Uno implica l'assenza di tempo e l'altro un proseguimento quasi senza fine NEL tempo.



Questa confusione nell'uso delle parole è spesso causa di disaccordo con ciò che è stato condiviso, anche questo è naturale e parte di un iniziale tentativo di capire questo messaggio. Le parole non sono la cosa in sè! Ma non lo è neppure l'esperienza che sta prima delle parole perché ciò che viene espresso nel messaggio di Advaita sta prima di qualunque tipo di esperienza. Quando infine si lasciano andare queste cose e c'è uno stabilizzarsi nel vedere tutto questo allora non resta nessuna comprensione, nè alcun tipo di esperienza di questo perché queste cose sono possibili solo quando la persona che immaginiamo è presente.



La discussione di ieri non è infrequente ed era valida e sincera in risposta a qualcosa che era stato scritto da qui e che era stato messo internet da Shakti nei luoghi che visita sulla Rete. Il "SI' MA" in questo caso riguardava le guerre e gli orrori che si vedono intorno a noi nel mondo attuale, che sono pienamente d'accordo sono una rappresentazione dello stato triste in cui l'umanità versa. Questa apparizione esterna è basata dall'inizio alla fine su l'IDEA della separazione, è la causa di questa orribile azione nella coscienza e quindi lo scioglimento di questo concetto di separazione sarà la fine di tali atrocità.



Cerchiamo di essere chiari sull'apparizione di queste cose: esse non finiranno fintanto che il concetto di essere separati resterà. La risposta NON è quindi di cercare di modificare l'apparizione esteriore, ma la visione che si ha del proprio Sé. Nella misura in cui questo può avvenire anche l'azione esterna della coscienza apparirà meno seperata e più compassionevole.



Il messaggio advaita quando è condiviso è spesso immaginato come freddo e senza amore, perché è fattivo: eppure ogni volta che l'ho visto vivere in altre forme è ben lontano da essere tale. Sono esseri dalla natura molto compassionevole e naturalmente amabile, ma c'è non di meno in essi l'accettazione dei fatti come sono visti, che le cose sono come sono perché non possono essere diverse. Questo non significa che se uno è presente in una situazione dove è possibile fare qualcosa per alleviare una sofferenza non lo si faccia. Nell'apertura di questo vedere tutte le azioni cosiddette personali nascono spontaneamente e quindi in modo amorevole dall'Amore verso se stesso, perché Amore è ciò che è prima di ogni azione. L'atteggiamento di "Oh beh è il suo karma" non è il messaggio di Advaita ma lo è l'accettazione che le cose sono nel modo in cui sono e include l'azione di cambiare le cose se si è nelle immediate vicinanze di una circostanza che comporta della sofferenza. Ciò che è condiviso non viene fatto con un atteggiamento di indifferenza. La compassione è una qualità spirituale basata su una comprensione profonda che nasce dal vedere e dà luogo al distacco. L'indifferenza è basata sul concetto di me, è una protezione egoica da parte di colui che immaginiamo di essere e che già sta portando troppi pesi per essere in grado di sopportare il peso di un'altra reazione emotiva a ciò che viene sentito o visto riguardo la sofferenza nel mondo, da qui il rifiuto di prendere altro a bordo che diventa indifferenza.



Può essere molto difficile da credere, ma ogni essere umano alla base è Amore, noi siamo naturalmente esseri amorevoli. Sono le condizioni di ciò che ci circorda esternamente che diventano le esperienze di vita che ci portano a tornare a questo Amore. E ' l'UNICO modo in cui possiamo porre fine al dolore e alla sofferenza esterni: l'Amore è la risposta. Dobbiamo conoscere di nuovo (non nel senso della comprensione) il nostro Sé essere come questo Amore che sta prima di tutte le azioni che sorgono nella coscienza. Se fosse possibile (e lo è) per tutti gli esseri umani di tornare a VEDERE che ciò che vive attraverso la forma umana, che appare COME forma umana, ed E' l'esperienza del gioco della vita, è ciò che essi sono allora questa follia nel nostro mondo finirebbe.



La prima cosa che sorge dopo aver saputo di un altra atrocità è l'emozione di raggiungere coloro che hanno e stanno soffrendo quanto è avvenuto. Questo nella stragrande maggioranza dei casi è seguito da un senso di impotenza, che può quindi dare luogo ad un'azione di desiderio di cambiare la circostanza che si manifesta (fare qualcosa) o cadere in uno stato di frustrazione per il non poter agire. La prima azione aiuta a evitare di sentirsi impotenti e la seconda ci getta in una profonda identificazione con la sensazione: nessuna delle due può cambiare la situazione. La risposta qui quando la sensazione di essere impotenti si presenta è quello di non fare semplicemente nulla! Resto con la sensazione in quanto sensazione e lascio che sia pienamente sentita e vissuta. Siamo cresciuti così abituati a evitare le cose come si presentano che immaginiamo che NON fare sia qualcosa che dobbiamo o possiamo fare. NON fare è non fare nulla e questo permette poi la circostanza proprio lì in quel momento di essere sentita pienamente. Quando lo è questo può dare luogo ad un fare qualcosa, ma questo NON sarà una reazione, ma sarà una RISPOSTA diretta ad avere pienamente sentito l'impatto dell'emozione che deriva dalla situazione. In questo modo si diventa di nuovo emozionalmente connessi al mondo così come uno lo era nell'infanzia. Nel momento in cui questa connessione emozionale approfondisce il mondo cambia. Quandi ci si VEDE e SENTE come ogni cosa che si manifesta allora l'apparizione cambia per riflettere tutto questo. Questo ricollegarsi nuovamente a livello emozionale con tutto ciò che appare è l'Unità, è l'UNO.

Quando ci si risveglia finalmente al fatto che c'è un UNICO sognatore di questo sogno della vita, e che soi è questo sognatore, allora il sogno assume una qualità molto diversa, si trasforma per accogliere il risveglio di tutti gli altri esseri umani che sono in realtà non è altro che se stessi (il prorprio Sé).



Non vi è alcun autore personale dietro alcune delle azioni cosiddette personali, buone o cattive che siano. C'è però il vedere questo come un fatto, vedere che ci immagina che l'azione sia personale, e che l'immagine è ciò che dà luogo ad un'azione di separazione. Siamo tutti l'Essere divino stesso e se questo non si vede chiaramente quell'areain cui non si vede chiaramente sarà riflessa verso l'esterno nella nostra coscienza che appare come un mondo a parte apparente LA' FUORI. Non c'è LA' FUORI e non c'è un REGNO INTERIORE, c'è solo QUESTO. QUESTO è tutto ciò che c'è.

QUESTO sta apparendo a partire da e in ciò che che sei veramente, risvegliati a questo fatto e il mondo che può apparire inizialmente separato cambierà e rifletterà la tua realizzazione. TU non sei il corpo o la mente, queste azioni sono i tuoi aspetti mutevoli, temporanei. Quello che sei è l'Amore che non conosce il senso di alterità e che sta prima di ciò che appare come tua esperienza.



Se lì sorge un'azione di controbattere ciò che è stato letto qui testimonia quell'azione e resta presente ad essa fino a che non si placa e scoprirai che in realtà non solo si è d'accordo con ciò che è stato scritto, ma che in realtà tu lo hai scritto. E 'il TUO messaggio a TE STESSO. Alcuni leggeranno e saranno d'accordo, perché già la connessione emotiva ha iniziato o ha già avuto luogo, o sta accadendo, in questo caso l'Amore è visto manifestarsi come comprensione.

Se però non si è in grado di rimanere con quello che sorge come reazione non sprecare il tuo tempo a metterlo su una mail, la reazione si manifesterà nel mondo in ogni caso come un ulteriore forma di separazione e di sofferenza. Non ci sarà alcuna risposta da parte di questa forma alla tua reazione e il disperderla esprimendola sarà la tua perdita di possibilità di sentirla fino all'arrivare a questo luogo che sta prima della sua comparsa. Tutto ciò che è scritto qui è sorto dal VEDERE questo NON dalla sua comprensione o MALcomprensione. Semplicemente è una azione temporanea che sorge in e da questa non azione che è permanente.

Per quelli di voi che sono italiani io so solo poche parole dopo tutto questo tempo di condivisione qui in Italia.

'Stai con la Sensazione, le parole non SONO importanti, la comprensione è nel Cuore'.

Possano queste parole toccarti là dove tu sei quelll'Amore che resta prima di ogni apparizione.

Avasa.

giovedì 17 marzo 2011

Creare


Ciao Shakti....ti andrebbe di parlare di tutti questi seminari,libri e articoli su Legge d'Attrazione,Segreti da svelare,come diventare ricco,come $$$€€€essere felici ecc.?. Love



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Credo che la domanda fondamentale da farsi sia: chi ne trae vantaggio o chi ne pensa di trarne vantaggio?

Il Buddha sembra aver detto 2.500 anni fa che "la mente è l'anticipatrice di ogni cosa". Se questa affermazione è letta con l'idea che ci sia una mente individuale allora penserà che ci sia un qualcuno il cui pensiero crei la realtà. Di fatto questo non è così. Esiste la manifestazione ed essa non è assolutamente personale. E' espressione della Consapevolezza che nel suo tentativo di conoscere se stessa crea il mondo così come viene percepito attraverso le forme che sono solo strumenti di percezione della Consapevolezza stessa. La dualità, il gioco delle forme, così come essa è vista e vissuta è solo l'espressione della Coscienza e quindi riflette il movimento della Coscienza. Se un pensiero cosiddetto negativo sorge in modo impersonale attraverso la forma esso non appertiene ad una mente individuale, bensì è espressione della Coscienza. La sofferenza non proviene dalla manifestazione o meno di quel pensiero ma dall'identificazione con esso. In altre parole: non puoi prottegerti dai cosidetti pensieri negativi o dalla loro eventuale manifestazione, ma se non c'è identificazione con essi non ci sarà sofferenza. Il dolore e la sofferenza non sono la stessa cosa: il primo fa parte della Vita il secondo è basato sul concetto del me e quindi si dissolve con il risveglio. Allo stesso modo se c'è identificazione con un pensiero cosiddetto positivo se esso eventualmente si manifesterà ci sarà sofferenza in quanto ci sarà paura di perdere ciò che viene visto come positivo.



Lo sforzo di creare pensieri positivi è del tutto illusorio: non c'è qualcuno che pensa, sei pensato. Innegabilmente la realtà si manifesta in accordo con il modo in cui la manifestazione accade attraverso una forma. Se ci sarà una identificazione di vittima il mondo sarà espressione di questa idea e vittime e abusatori saranno visti in ogni parte del sogno. Il dissolvimento di quella identificazione non accade però grazie agli sforzi di un apparente individuo: nel dispiegarsi impersonale della vita stessa ci sarà il lasciare andare di questa idea quando essa sarà troppo dolorosa e quindi il cogliere nella manifestazione situazioni di vittimismo o di abuso si dissolverà da sè attraverso una comprensione intuitiva. Laddove questo non sia possibile al momento della morte del corpo questa identità accanto a tutte le altre ancora presenti si dissolvcerà nella Luce.



Il modo in cui tu percepisci il mondo non è espressione di quello che fai ( come pensa la mente basata sull'ego), ma di ciò che SEI: tutto è espressione di IO SONO. Se questo Io Sono è filtrato attraverso le identità dell'ego esso si esprimerà nella manifestazione con un sogno di sofferenza anche laddove ci sia agli occhi del mondo un apparente successo.

Che serve avere una bellissima casa o una bellissima moglie se hai paura di perderli? Quel desiderio di avere ed ottenere certe cose nel sogno è impersonale così come la paura di non poterli avere. Entrambi concorreranno alla manifestazione del sogno. Ma se esiste ancora l'idea che vi sia un qualcuno che ha creato quel sogno vi sarà sofferenza, non liberazione.



Se è possibile scoprire CHI vive il sogno della Vita allora sarà anche possibile goderla per la prima volta appieno, nei suoi aspetti cosidetti negativi e positivi: lutto, perdita etc... la bellezza dell'Esistenza risiede nell'alternanza di creazione e distruzione non in uno stato "positivo" che comunque è transitorio.



In Giappone esiste un termine molto bello per descrivere tutto questo: wabi sabi, la bellezza dell'impermanenza, la bellezza di ciò che sta sfiorendo, morendo. Se il mondo non morisse in ogni istante non potrebbe rinascere in ogni istante. Se il mondo non fosse impermanente non potresti coglierne la bellezza, sarebbe statico immobile. Sarebbe identico alla Consapevolezza Eterna e quindi non ne faresti esperienza.



Tu, Eterno, fai esperienza della Vita perchà essa muore in ogni momento. Se cogli la sublime grazia della nascere e morire non ci sarà più il desiderio di modificare la Vita affinchè essa si accomodi in base ai nostri desideri egoici e ci sarà liberazione e GRATITUDINE. Da quella gratitudine tutto si dispiegherà spontaneamente nell'unico modo possibile riflettendo la grazia di cui si fa esperienza.

Shakti Caterina Maggi

mercoledì 16 marzo 2011

Sul disastro in Giappone


Pensi che la natura in qualche modo abbia risposto all'agire collettivo dei giapponesi verso di essa?

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La Natura non è separata dalll'uomo. Noi siamo Natura, la Vita stessa vive queste forme, la Coscienza le vive, le anima, le muove.

Tutto quello che accade nella manifestazione è espressione di un'Unica Coscienza che agisce e fa esperienza della Vita attraverso tutte le forme senzienti. Nonostante l'apparenza di un agire individuale nel sogno, ogni azione è interconnessa ed espressione di un'Unica Volontà Divina che è del tutto impersonale, spontanea e necessaria. Questo è in qualche modo difficile da accettare quando questa azione coinvolge e include la morte di molte forme e la loro sofferenza fisica e psicologica. Un evento traumatico come un disastro naturale ( o anche connesso all'azione umana) ha la capacità di gettare la mente basata sul senso di separazione in un profondo senso di insicurezza, sconforto e disperazione. La morte e la sofferenza di quelle forme provoca inevitabilmente un senso di paura e terrore in coloro che sentono che la propria esistenza sia legata alla sopravvivenza del corpo-mente. Ecco che la paura della morte prima nascosta e sommersa emerge con violenza e ci costringe a sedere con il suo fuoco. Se questo è possibile senza un impulso di ritrarsi da essa allora avremo fatto il miglior uso possibile di quell'evento, permettendo di illuminare in noi quei luoghi dove ancora il senso di separazione si annida.

Non esiste un sogno personale che rifletta una sofferenza personale. Non esiste un agire del popolo giapponese, ma esiste una Coscienza che agisce più o meno consapevolmente attraverso alcune forme e che a seconda del suo livello di coscienza potrà cogliere nella manifestazione quello che non è ancora stato riconosciuto nell'Uno. Fino a che non c'è completa liberazione dal sogno esso rifletterà quei luoghi in cui c'è ancora sofferenza: se non si soffre il sogno allora esso si rivelerà per quello che è, l'espressione dell'azione divina che si manifesta perfettamente in ogni momento senza nessun motivo. La Vita non ha bisogno di un motivo per esistere e in questo risiede la sua stupefacente preziosità. Eppure laddove esiste sofferenza ed ignoranza essa servirà spontaneamente il proposito di sciogliere il senso di separazione attraverso le forme in cui la Coscienza è ancora addormentata su di sè.

Tutto quindi si dispiega nel modo più perfetto perché la Coscienza stessa si risvegli a se stessa in ogni momento. Un risveglio che non ha opposti ma che si pone al di là di ogni polarità, al di là del bene e del male, del positivo e del negativo.

La Coscienza stessa anela a se stessa attraverso ogni forma, anche quelle apparentemente non interessate a questo risveglio. Questo Uno viene cercato attraverso la materialità e la spiritualità fino a che esso non è più cercato e l'unica cosa che resta è questo momento, il momento eterno. L'Esistenza stessa si dispiega in modo perfetto in ogni momento: nessuna forma muore o soffre al di fuori del piano divino di risveglio, ogni cosa si muove ed è mossa come una unica azione, una unica danza.

Se è possibile sedersi con l'impatto degli eventi degli ultimi giorni senza reagire ma solo ricevendone l'effetto emozionale ed energetico che possono aver provocato in noi allora non solo avremo dissolto in noi quelle aree dove stiamo ancora soffrendo ma daremo il nostro migliore contributo alla sogno della Vita di cui siamo i Sognatori.


Shakti Caterina Maggi

lunedì 14 marzo 2011

Al di là del bene e del male


Puoi parlarmi del giudizio? Grazie

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Il non giudicare o il giudizio sul giudicare è sempre stato un argomento spinoso in ambito spirituale e fonte di numerosi fraintendimenti.

Ciò che causa sofferenza nell'esprimere un giudizio non è l'opinione in sè su un qualcosa, ma l'identificazione con il pensiero che è stato espresso. Ognuno di noi ha differenti caratteristiche, cultura, provenienza sociale e etnica e in base a queste differenze il concetto di bene o male, di giusto o sbagliato viene manifestato. In sè un giudizio è solo un pensiero, un'idea che sorge in modo del tutto spontaneo. Rifletti: hai causato quel giudizio, oppure esso è solo apparso nella tua coscienza? Esso fa dunque parte del dispiegarsi del fluire dell mente e non è personale. Il pensiero che dice "sbagliato" sorge in modo del tutto spontaneo attraverso una forma, ma di per sè non è stato deciso precedentemente.



Il senso di separazione e contrazione connesso al giudizio nasce dall'attaccamento e l'deintificazione con esso: l'idea che l'oggetto del giudizio sia separato da noi, ecco quello che causa sofferenza. Posso pensare ad esempio che insultare una persona sia un comportamento scorretto, ma questo giudizio di per sè non è fonte di sofferenza a meno che non ci sia un senso di spearazione con le forme attraverso cui l'insulto avviene e una sensazione di riprovazione come se quel gesto non dovesse accadere. In altre parole quando il senso di separazione sparisce il giudizio o opinione su un evento continuano a volte a sorgere nella mente ma non esiste la sensazione che nulla nella manifestaizone (incluso il giidizio espresso) non dovrebbe accadere iin quanto lo si coglie come parte del dispiegarsi della Vita stessa.



E' solo se guardo la situazione da un punto di vista parziale che non è possibile cogliere la costante armonia del tutto. Il che vale anche per gesti che socialmente vengono ritenuto deplorevoli o sbagliati: furto, omicidio, violenza sono atti che nascono dal senso di separazione e dall'ignoranza ma di per sè quando essi sono avvenuti risulta chiaro che non potevano non accadere e in questo senso parte dell'armonia della vita. Non ci sarà dunque l'idea che non sarebbero divuti accadere e quindi non ci sarà sofferenza che si aggiunge al loro esplicarsi attraverso il rimpianto, il senso di colpa, l'accusa. Essi saranno visti come gesti che nascono dalla sofferenza della coscienza attraverso i corpi che li hanno compiuti ma sarà possibile anche cogliere il quadro completo che li ha visti sorgere. Per ogni vittima esiste un carnefice nel gioco dellla dualità, per ogni abusatore esiste un abusato. Se attraverso una forma la Coscienza stessa è identificata con il ruolo di vittima essa manifesterà un carnefice, e viceversa. Il saggio coglie il gioco della dualità insito in questo avvenimento e sebbene possa esprimere un giudizio sull'evento non ci sarà la sensazione che esso una volta accaduto non avrebbe dovito accadere. Per il semplice fatto che si coglie come quell'evento sia stato il riflesso - attraverso ciascuna apparente parte coinvolta - di come la Coscienza si era identificata nelle varie forme. Bene e male sono la mano destra e sinistra del divino e di fatti non esistono l'uno senza l'altro, sono tutte un0unica danza volta a livello ultimo al risveglio della coscienza stessa. E' possibile osservare la scena globale e che essi non esistono l'uno senza l'altro.



Iil giudizio positivo o negativo su un evento è anch'esso parte della manifestazione e quindi parte del gioco della dualità: di per sè il gesto non è giusto o sbagliato, ma se crediamo che siamo "noi" a esprimerlo ci sarà possibilmente sofferenza attraverso l'idea che quel giudizio non dovrebbe accadere. Il vero punto è che qualunque cosa accada nel gioco della Vita noi siamo già oltre. Non siamo qualcosa che nasce e che muore e dunque anche un atto di violenza non afflige in realtà il vero Sè che vive attraverso le forme che ne sono coinvolte. Per essere più chiari: possiamo sentire e provare dolore E possiamo soffrire il dolore. E' questa seconda cosa che possiamo sciogliere attraevrso la chiara comprensione che noi siamo solo i testimoni di quel dolore, ma non ne siamo i soggetti. Altrimenti quel dolore invece che sparire dopo un certo ammontare di tempo dalla nostra coscienza continuerà a ripetersi all'infinito nella nostra mente e da emozione diventerà emotivirà. Il rancore e l'accusa per i torti subuti o il senso di colpa e la vergogna per quelli afflitti possno sciogliersi in una nuova comprensione di come le azioni si dispiegano attraverso le forme senza un autore che le compia.



Il paradosso è che quando il senso di separazione si è dissolto attraverso la forma le azioni che si dispiegano difficilemente saranno poco amorevoli, in quanto si vedrà come chi è davanti a noi in quel momento è un riflesso del nostro vero Sè. L'Amore - ovvero ciò che non conosce separazione - si muoverà consciamente attraverso la forma e sebbene possa apparire persino come rabbia a volte porterà con sè un senso di compassione profonda. Sarà un gesto totale che permette a chiunque sia cvonvolto nella siataionz e di agire attraverso la stessa totalità.



Dato che è impossible smettere di giudicare in quanto il giudizio è un pensiero potrebbe esesre più utile indirizzare l'attenzione sul fatto che ogni azione si presenti nella nostra vita è un riflesso della nostra coscienza. Nella misura in cui siamo consapevoli di questo ci sarà sofferenza oppure no e potremmo rapidamente lasciare andare anche eventi giudicati come negativi e permetterci di essere presenti alla gioia del momento attuale.



Non si tratta di non giudicare più insomma (cosa impossibile) ma di lasciare che anche il giudizio sia una espressione del momento. Chiunque sia l'immaginaria persona contro cui puntiamo il dito essa - che ci piaccia o no - è un riflesso di noi. Se questo è chiaro un'opinione potrebbe ancora sorgere, ma non ci sarà sofferenza a riguardo perchè si comprenderà anche perfettamente che quella forma che abbiamo accusato non poteva comportarsi in nessun modo di diverso da come si è comportata in quanto espressione di un unico intero. Se questo è colto con chiarezza e accettato completamente a livello intuitivo allora la manifestazione ha la vera possibilità di trasformarsi e riflettere questo nuovo senso di armonia globale. Le situazioni e le persone in altre parole si muoverano in corrispndernza con la possbilità di poter vedere e accettare una situazione come espressione e riflesso del contentio della coscienza.



Il miracolo accade allora nel momento non più come espressione di uno sforzo individuale per cambiare una situazione, ma come riflesso del cambiamento dell coscienza impesronale. E' la Mente di Dio allora che ha compreso qualcosa di sè e non ha più bisogno di manifestare una situazione per comprendere qualcosa su stessa. Ogni singola apparente parte è vista riunirsi in un'Unica Danza.



Shakti Caterina Maggi

lunedì 7 marzo 2011

La resa


La mia domanda è: come ci si arrende a tutto ciò che è....sono anni che seguo seminari di vario tipo leggo libri ma in fondo rimane sempre una sensazione di non completezza....puoi dirmi qualcosa in merito? Grazie.

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Nessuno si può arrendere, perché il desiderio stesso di resa presuppone una non accettazione di quello che è presente. Pensaci un attimo: perché vuoi arrenderti? Perché sei stufo di lottare, di cercare di cambiare te stesso e il mondo. Sei stanco di andare avanti come una particella impazzita e sconnessa da tutto il resto. Dietro quel desiderio di resa c'è ancora una tensione, un rifiuto... la lotta è diventata la lotta per arrendersi per abbandonarsi... è ancora una lotta!



La mente basata sul "me" sceglie e seleziona quei momenti nel fluire eterno della Vita attorno a cui l'immagne del me si incentra e li rifiuta, o cerca di manipolarli, di cambiarli pensando che se quegli eventi cambieranno arriverà pace. Quando si accorge che quel tentativo è fonte di sofferenza cerca allora di manipolare quel tentativo... ancora sofferenza sarà presente. Se è possibile passare dal concetto di ego alla sensazione di essere un individuo separato nel mondo quello che sentirai è un profondo dolore. Il dolore del me che si sente del tutto separato e frammentato dal resto della Vita e che soffre nella sua lotta perenne (prima per affermare se stesso e poi per cancellare se stesso). Quando la vera resa avviene è perchè quel dolore è così intenso che semplicemente non è più possibile andare avanti nel mondo fingendo di sapere dove si sta andando e che cosa si desidera fare o avere. Magari uno pensa di desiderare l'illuminazione: la SUA illuminazione, il SUO risveglio, la SUA liberazione. In questa realizzazione non c'è spazio per un risveglio personale, per un riscatto finale dell'ego spirituale che ha "raggiunto" qualche cosa. E' un perdersi, un perdersi totalmente in quello che c'è. E' un lasciare andare che non accade per fatalismo, ma perché quell'impeto di ricerca ha esaurito la sua forza. La realizzazione non accade perché si è arrivati alla fine della ricerca, ma perché non si cerca più. E ovviamente TU non puoi smettere di cercare perché anche quel tentativo è ricerca.



Senti la frustrazione che questa parole provocano in te. TU non ti risvegliarai mai, pèerché TU sei ciò che si oppone tra il tuo vero Io e la realizzazione conscia di ciò che sei.

La goccia viaggia per torrenti, laghi, fiumi e mari e alla fine si riunisce all'oceano. Magari pensava di essere lei a fare quel percorso, ma in realtà era sempre e solo portata dalle correnti della Vita. Era sempre e già solo ACQUA. Sei sempre solo e già Verità.

Stai sempre già tornando a casa.


Shakti Caterina Maggi

sabato 5 marzo 2011

Nulla accade


E' curioso a volte come un problema che la mente giudicherebbe negativo possa essere la via attraverso la quale la Coscienza si risveglia, proiettando l'attenzione forzosomente non sul corpo o la mente, ma su la Coscienza stessa per il troppo dolore fisico o emozionale sentito. Ecco perchè è impossibile dire cosa sia giusto o sbagliato: la tragedia per il "me" è solo e sempre l'opportunità dell'Esistenza di conoscere se stessa. Niente è mai contro di noi, tutto è sempre già perfetto.

La morte dell'ego chiede uno strano tipo di disciplina che non è la rigidità della mente: è frutto della capacità di restare fermi su ciò che è Reale e lasciare che il resto si dissolva, gli attaccamenti alle forme manifeste e ai loro movimenti. Deve arrivare il momento in cui questa focalizzazione - rilassata e spontanea- si scioglie del tutto nella manifestazione. Tu sei Nulla E sei Tutto. "All'inizio le montagne sono solo montagne, poi le montagne non sono più solo montagne. Poi di nuovo le montagne sono solo montagne". All'inizio il mondo è solo questo, poi ti accorgi che le cose non sono come sembrano e la manifestazione è solo un'ombra rispetto alla luce splendente della Consapevolezza. Ti distacchi dal mondo e torni al Sè, immanifesto e immutabile. Poi, di nuovo le montagne sono solo montagne, tutto è assolutamente ordinario e semplice. Con la differenza che tu non ci sei più. C'è solo la Vita. E la Vita era sempre e solo Vita.

Nulla in un certo senso avviene per caso, ma è sempre una occasione di risveglio. Cos'è l'ego se non un'idea? Sii chiaro, sii chiara su questo punto. E' l'idea che ci sia qualcuno quello che chiamiamo ego - il concetto di essere qualcuno- l'identificazione con idee e pensieri. Se "tu" pensi di avere un ego, quello amico mio è ego! Nessuno ha un ego, perchè non c'è nessuno! Nel momento in cui questa realizzazione, non intelletuale ma anche intuitiva accade, quelle che alcuni chiamano tendenze latenti iniziano a cadere, a bruciarsi.

Le vedi salire e poi ti accorgi e le lasci bruciare in te. senza agirle: lettaralmente bruci vivo. Una delle ultime trappole dell'ego è proprio il concetto di illuminazione, l'idea che ci sia qualcuno a cui è accaduto qualcosa. In realtà non è mai accaduto niente. E solo il Niente accade sempre!

La Vita non ha bisogno del "me" per esistere. Il "me" è solo un'idea, un concetto attraverso cui la Vita stessa fa esperienza della realtà. Fino a che il "me" non cade sembra che la Vita esista perché tu possa vedere chi sei. Dopo è auto-evidente che la Vita esiste e "tu" non sei mai esistito.

L'ego spirituale racconta sempre delle sue incredibili esperienze di risveglio e ignora lo spettacolo incantevole di ciò che è. L'ego intesse la storia dell'universo intorno alla "sua" illuminazione, mentre la Vita si dispiega in ogni momento, così com'è, perfetta e semplice, nella stufa che brucia piano la legna e il tè caldo nella tazza sul tavolo. Dio che fa l'occhiolino da ogni piccola cosa.
La Vita non ha bisogno della tua liberazione. Non ha bisogno di essere liberata, perchè non è mai stata imprigionata. Il "me" si affanna alla ricerca di un modo per dissolvere se stesso, quando tutta l'Esistenza stessa è già assolutamente perfetta, così com'è.

Shakti Caterina Maggi

Desideri



Nessun desiderio è personale. Un desiderio è infatti solo in sè un pensiero, che è osservato dalla Consapevolezza.

Il problema insomma non sono i desideri, ma l'identificazione con i desideri in sè, il credere che appartengano ad un individuo separato. Ogni desiderio di per sè è solo un pensiero che sorge nella Consapevolezza. Molti dei nostri desideri si basano su falsi bisogni incentrati sul concetto del me. Quando questo concetto è visto nella sua illusorietà restano i desideri e bisogni direttamente connessi alla sopravvivenza del corpo mente o alle caratteristiche precipue della forma. Essi scorrono in modo naturale senza tensione di realizzazione come se la loro manifestazione fosse l'orgine della pace.

Di solito, se il concetto di me è ancora presente, ci sarà anche un altro pensiero che segue, ovvero "questo è il MIO desiderio". Immediatamente ci sarà allora la paura che questo desiderio non si avveri in quanto non si riconosce che il desiderio è impersonale. Ci sarà tensione dunque nella realizzazione del desiderio, sforzo e fatica. Questo perdurerà fino a che quella tensione non sarà così insopportabile che il desiderio in sè cadrà, lasciando spazio ad un senso di resa. In quella resa, se quel deisderio appartiene alle caratteristiche della forma esso si realizzerà come avrebbe fatto in ogni caso se non ci fosse stato l'intereferire della mente attraverso i dubbi e la sensazione che senza il "me" nulla puo' esesre fatto. Altri desideri invece, che si incentrano sul me svanirebbero in quanto "falsi bisogni".

A livello profondo quella tensione insita nel desiderio viene da un desiderio più profondo che è quello di essere di nuovo in contatto con l'Uno. se fosse perseguito al suo estremo quel desiderio porterebbe all'annullamento del concetto di persona, ci sarebbe un dissolvimento nel Tutto. nella celebrazione della vita così come essa si presenta, le caratteristiche della forma si esprimono in modo naturale e se non ostacolate portano ad un dissolvimento del senso di separazione. La vita stessa in pratica è il nostro sadhana, la nostra vita spirituale, esattamente così come essa si esprime, senza nessun bisogno di interferenza da parte di un'immaginaria persona con una sua "vita spirituale". Se ci si trova interessati alla spiritualità naturalmente anche questo è solo e soltanto parte del dispiegarsi delle nostre caratteristiche. Arriva un momento in cui si è consapevoli che non si sta vivendo una vita spirituale, ma si è vissuti. E allora ci si accorge che la goccia è sempre stata solo e soltanto oceano.

shakti caterina maggi