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lunedì 13 settembre 2010

martedì 7 settembre 2010

L'abbraccio finale


Quando ti senti disperato perché hai perso tutti i tuoi sogni può sorgere una profonda depressione. E' arrivato il momento di lasciarsi andare completamente, gettandosi alle spalle tutti i trucchi e trabochetti della mente e permettere alla vita di fluire totalmente attraverso di noi, in ogni momento, senza alcun piano, senza idee su nulla.

Il fatto è che perdere se stessi sarà molto più doloroso del vedere dissolversi tutti i progetti o le idee sul proprio futuro, e quindi questa perdita di sè è spesso combattuta strenuamente. Persino il suicidio appare come un'alternativa in quanto paradossalmente intuiamo che la fine di questo dolore arriverà se "noi" spariamo. L'ultimo oggetto del sogno della vita che deve andarsene è infatti quell'oggetto che crediamo di essere, il "me". Il senso di esistere in quanto persona, l' "Io sono", è infatti ancora un qualcosa, mentre invece ciò che siamo veramente è Nulla. Ciò che siamo è puro Vuoto che osserva la vita che altro non è che l'espressione e manifestazione di questo Vuoto stesso. Ecco perché quando si sente di essere Uno con ogni cosa sorge una sensazione di amore profondo e una connessione emotiva con tutto e tutti. Ma quella sensazione di radianza, che è in realtà l'esplodere del falso "me" in ogni cosa - il diventare ogni cosa - deve raggiungere il suo punto più alto che è lo sciogliersi nell'amore dell'ultimo oggetto, l '"io sono".

Quest'ultimo salto quantico, dall'Uno allo Zero in un certo senso, non può avvenire per definizione con l'aiuto di un individuo immaginario, di un immaginario "me". Quella beatitudine quasi senza fine deve andarsi a dissolvere nella sua vibrazione più alta che è il silenzio. Questa gratitudine che abbraccia ogni cosa deve espandersi in una sorta di silenziosa preghiera per l'esistenza stessa, con nessuno verso cui essere grati e nulla per cui si è grati.

Uno deve perdere il proprio sogno e l'ultimo oggetto del sogno da perdere è se stessi. Ci si perde nella realizzazione di essere il sognatore del sogno della vita e il "me" non torna, se non come una specie fantasma, senza un soggetto al suo centro che abbia una volontà indipendente.

In questo processo, dato che questa morte è solo la dissoluzione di un'idea e non la morte di un reale qualcuno, deve essere chiaro che qualunque cosa accada nella propria apparente vita personale è in realtà stato creato con l'unico scopo di risvegliarsi a se stessi e a ciò che si è. Fino a che il senso del "me" è presente, la vita con le sue illusorie vittorie e sconfitte accade in un certo senso con l'obiettivo, del tutto impersonale, di VEDERE che cosa siamo veramente. Il sogno di vita DEVE alla fine deluderti, tradirti, per scuoterci da questa illusione ipnotica di essere una persona. Finché ci si sente o crede di essere separati dalla vita, quelle improvvise curve che l'esistenza può prendere sembrano dolorose e ingiuste, ma sono assolutamente necessarie per disfare quella rete di sogno in cui sembriamo essere intrappolati.

L'ultima illusione a cadere è che nessuno è in realtà intrappolato in quanto non vi è mai nessuno. In altre parole, l'ultima illusione che cade è l'idea di essere il soggetto del sogno stesso, e nel momento in cui questo ultimo oggetto si dissolve l'ttenzione si muove da questo oggetto illusorio - il me - all'Io eterno.

Questo era il vero Soggetto da cui il sogno della vita stessa viene intessuto ed era ciò che in un certo senso dirigeva lo spettacolo tutto il tempo. Da questa cosiddetta prospettiva globale, niente sembra più ingiusto o giusto, ma necessario, inevitabile e, pertanto, assolutamente perfetto.

Anche prima che questo sia totalmente vero di se stessi, il sogno è già del tutto perfetto, in ogni momento. Saperlo o no è la differenza tra inferno e paradiso.
La vita non è giusta o ingiusta, la vita fa quello che fa. Quando vi è l'attaccamento al sogno o solo ad una minima parte di esso, le abili mani dell'Amore saranno impegnate a farci aprire le braccia di nuovo in modo che possiamo abbracciare la vita nella sua totalità, per poterci dissolvere in quell'abbraccio finale.

Shakti